Cuneo salino

Analisi e possibili rimedi strutturali alla penetrazione nell'entroterra dell'acqua dal mare attraverso il sottosuolo

Quando un fiume si trova nelle vicinanze del mare, si ha il passaggio fra i due ambienti, evidenziando caratteristiche idrauliche, morfologiche e biologiche completamente diverse. Il fiume trasporta l'acqua dolce, entro un condotto formato dagli argini più o meno paralleli e con il fondo avente una pendenza molto ridotta nel senso del moto della corrente (solitamente attorno all'uno per mille), e la cede al mare, facendola incontrare con la sua acqua salata, che assolutamente non indietreggia. In effetti, il mare non ha confini, teoricamente è illimitato, senza una direzione di fondo nella direzione del moto.

In un fiume, le onde di piena essenzialmente sono progressive, mentre le onde di marea, con direzione normale alla costa, sono permanenti. E l'acqua dolce che il fiume porta si viene a trovare in contatto con l'acqua salata nel suo tratto conclusivo. In breve, le sole cose che il mare e il fiume hanno in comune sono quelle di formare un ambiente acquatico salmastro, tutto particolare. La gravità del fenomeno - definito "del cuneo salino" - consiste nell'intrusione dell'acqua marina a un elevato grado di salinità, che si incunea sotto quella dolce modificandone la natura, nella sua diffusione nei terreni costieri destinati alla coltivazione agricola, e nella sua penetrazione nelle falde freatiche, inquinando i pozzi: da tutto questo, i danni causati sono ingenti e pressoché incurabili. Infatti, l'emungimento esagerato di acqua dolce dalle prese del fiume e dai pozzi può essere tale da rompere l'equilibrio esistente fra l'alimentazione naturale e il prelievo dell'uomo, causando un forte abbassamento della pressione dell'acqua dolce del fiume in uscita dalla costa verso il mare, cosicché questa non è più in grado di contrastare l'avanzamento dell'acqua salata.
Le cause sono da attribuire a diversi fattori, quali possono essere la pendenza dell'alveo che, al suo decrescere, riduce la velocità della corrente, la densità della colonna d'acqua e le portate liquide nell'ambito del fiume.

Prendendo come esempio il maggiore fiume italiano, il Po, si è appurato che le sue portate mediamente sono di circa 12.000 mc al secondo per passare a 200 o forse meno nei periodi di siccità; comunque, le portate stanno continuamente diminuendo. Sicuramente, l'intrusione dell'acqua salata, nel caso sia sensibile l'influsso della marea, è tanto più intensa quanto più la portata è ridotta, e la fruibilità dell'acqua dolce è necessariamente portata sempre più verso monte. Facendo specifico riferimento al Po, il fenomeno, che risente della portata d'acqua essendo il suo alveo al di sotto del livello del mare, non ha soluzione di continuità, per cui è sempre presente, pur con valori diversi, nel corso dell'anno.
Si può qui ricordare quali siano stati gli episodi più significativi che hanno sollevato il problema. Agli inizi della seconda metà del ventesimo secolo, l'acqua salata penetrava nell'entroterra per due o tre chilometri dalla foce; circa una decina di anni dopo, ci si rese conto che le cose erano decisamente peggiorate, giacché il cuneo salino era riuscito a penetrare per almeno una decina di chilometri. Ultimamente, si è constatato che la sua presenza ha raggiunto non meno di una ventina di chilometri dalla foce.

Altri fiumi del nord dell'Adriatico, quali l'Adige, il Piave, il Tagliamento, hanno denunciato analogia nel fenomeno. In sostanza, con il trascorrere del tempo, la penetrazione dell'acqua salata nella terraferma sta diventando sempre più preoccupante. In effetti, non si può dire che la foce del Po sia un ambiente stabile, giacché presenta una fragilità decisamente in continua evoluzione.
Ma quali sono le cause che inizialmente hanno attivato, e successivamente peggiorato, la situazione nell'ultimo tratto del corso del Po? è bene chiarire subito che una buona parte delle colpe è da attribuire all'uomo, tralasciando la scarsità di precipitazioni piovose e nevose, a causa dei cambiamenti climatici, che comporta un contenuto rilascio idrico dai ghiacciai, dai nevai, dai laghi, dai bacini idroelettrici, sia l'innalzamento del livello del Mare Adriatico, dovuto allo scioglimento dei ghiacci polari. L'enorme emungimento di acqua dolce per le esigenze agricole, zootecniche, alimentari e di attività lavorative a monte del delta (sommato a tanti prelievi abusivi), associato all'abbassamento dell'alveo per prelievo di sabbia dallo stesso, comporta una diminuzione della portata di acqua dolce che contrasti quella salata, lasciando a quest'ultima maggiore libertà di risalita. L'abbassamento dell'area della foce in certi punti ha raggiunto il ragguardevole spessore di un paio di metri. Inoltre, si sono sistemati i corsi principali della foce del Po, che se da una parte hanno migliorato il deflusso delle acque nelle condizioni di piena, dall'altra hanno facilitato l'ingresso dell'acqua salata durante l'alta marea.

Questi fatti hanno influenzato le condizioni del Delta. In primo luogo, si è reso necessario interrompere le derivazioni idriche nelle sue zone più orientali, sino a un paio di chilometri dalla costa, cioè dove la salinità dell'acqua supera l'1,5 o il 2%, perché il suo uso sarebbe causa più di danni che di benefici per le coltivazioni; una salinità un po' più elevata si può avere nelle risaie, però mai più del 3%. Ulteriormente, si sono messi a riposo gli acquedotti di quelle zone, non essendo in grado di erogare acqua dolce e nemmeno di desalinizzare quella salata; ma la desalinizzazione sarebbe auspicabile, per evitare di dover prendere l'acqua per annaffiare le colture molto più a monte.
Nel frattempo, anche le falde idriche sotterranee si sono salinizzate, rendendo impossibile l'emungimento di acqua dolce. Contestualmente, le zone litoranee hanno subito un reale inaridimento e un allarmante fenomeno di micro desertificazione.

Altro fenomeno connesso alla risalita dell'acqua salata dal basso, è la filtrazione dell'acqua attraverso i corpi arginali, sia della difesa dalle mareggiate sia di contenimento del fiume, che non possono essere impermeabili al cento per cento, inserendosi così nei terreni agricoli e modificando l'ecosistema locale. In effetti, si sono registrati cambiamenti affatto trascurabili, dove, per esempio, certe essenze forestali sono scomparse. Inoltre, si è evidenziato il ritiro verso monte di certe specie ittiche dulciacquicole a favore di altre ambientate in acqua salmastra.
Sintetizzando, si possono ricordare gli effetti principali che l'intrusione del cuneo salino provoca sul territorio deltizio. Partendo dai problemi economici, la carenza di acqua dolce ne comporta una minore disponibilità nell'irrigazione e un conseguente calo della produzione agricola. Per quel che riguarda l'ambiente, si formano micro-desertificazioni, mentre i terreni si salinizzano e inaridiscono, diventando sterili. Molte specie arboree si vengono a trovare in difficoltà, altre forme vegetali sono costrette a sparire. I cambiamenti dell'ecosistema diventano sensibili, con mutamenti nella fauna, magari pure con migrazioni, e arretramento verso monte della popolazione ittica dulciacquicola, costretta a lasciare spazio libero a quella adattata all'ambiente salmastro.
La situazione, pertanto, resta critica e, se non si dispongono adeguati rimedi, tutto il sistema deltizio si trova in estrema difficoltà e la sua sopravvivenza ne può risultare compromessa.


A questo punto, cosa resta da fare?
Innanzitutto, sarebbe un buon incentivo la realizzazione di bacini di raccolta montani, nei quali conservare l'acqua dolce per i periodi di limitata disponibilità. Se del caso, richiedere una maggiore elasticità nell'erogazione di acqua da parte dei bacini idroelettrici e dei laghi. Comunque, ci deve essere una garanzia che la portata del Po sia almeno sufficiente a osteggiare la pervicacia del cuneo salino e, nello stesso tempo, effettuare attenti controlli, affinché non si verifichino prelievi esageratamente abbondanti ed evitare che ci siano quelli  non autorizzati.
Dopo queste considerazioni di carattere generale, andando nello specifico, di seguito si riportano quali potrebbero essere i rimedi di natura strutturale.
Negli Anni Ottanta del secolo scorso, si sono costruite barriere antisale di rinforzo delle difese costiere, per ostacolare l'ingresso di acqua salata per filtrazione dal mare ma, con la crescita del fenomeno del cuneo salino, sono diventate scarsamente efficaci, pertanto, è necessario risistemarle al meglio e realizzarne altre, in modo da poter contrastare efficacemente la sua azione. Poi, attuare lo sfruttamento delle golene come riserva idrica e aprire bacini di accumulo di acqua dolce in vicinanza degli argini, in terreni non idonei alla coltivazione. Per avere garanzie sulla qualità dell'acqua emunta, è opportuno spostare più a monte le derivazioni, cioè in zone maggiormente sicure.

Queste sono opere da realizzare senza perdere tempo, se si vuole tentare di frenare il fenomeno che mette in difficoltà tutto il sistema deltizio. Non è tutto, però, giacché sarebbe appropriata la sistemazione delle sezioni idriche per accrescere la portata di acqua in modo da meglio contrastare la salinizzazione; la realizzazione di quei collegamenti del fiume con le opere di bonifica, che renderebbero possibile affrontare momenti di crisi idrica con acqua dolce disponibile; il recupero delle acque di scarico delle idrovore, con l'apertura di bacini di accumulo e con il collegamento con le opere di bonifica e con quelle destinate all'irrigazione; riprendere le acque provenienti dagli impianti di depurazione, dopo un'adeguata riqualificazione.

Così operando, la risalita del cuneo salino sicuramente viene a trovarsi in difficoltà, a tutto vantaggio della fruibilità dell'acqua che rappresenta la ricchezza della Pianura Padana. Si può aggiungere che l'aumento della salinità dei terreni a causa della risalita del cuneo salino non è irreversibile, qualora sia possibile dare al fiume una portata sufficientemente elevata, ma sicuramente sono necessari parecchi mesi o anni. Non si deve dimenticare che il cuneo salino fa sentire la sua influenza sino a una trentina di chilometri dalla costa, e il ricacciarlo indietro non è una banalità.