Bonifica del sito industriale K20

Messa in sicurezza di un sito contaminato, ex discarica di un'industria chimica in prossimità della città austriaca di Brückl, mediante un capping attivo multistrato e multifunzione in geosintetici

L'industria chimica, con i suoi prodotti, offre una base indispensabile per molti altri settori, come l'industria automobilistica, alimentare, della plastica, farmaceutica, dei materiali da costruzione e l'agricoltura ed è pertanto un componente chiave del mondo moderno. Il suo sviluppo ha anche portato a progressi nell'ingegneria di processo, che hanno aumentato significativamente l'efficienza e la compatibilità ambientale della produzione. Non è sempre stato così; un tempo, per esempio, era pratica comune conferire i materiali di scarto e i sottoprodotti inutilizzabili direttamente in discarica. Con l'incremento della sensibilità verso le tematiche ambientali, l'attenzione pubblica si è rivolta anche verso questi siti, dando così il via ad interventi di bonifica su larga scala.

La bonifica dei siti industriali contaminati richiede indagini preliminari dettagliate. Oltre alle indagini sul suolo, è necessario indagare sulla natura, il volume e lo spessore dei materiali depositati, sul potenziale rischio di inquinamento nonché valutare i possibili successivi utilizzi dell'area. Queste indagini sono spesso ostacolate dall'incompleta documentazione sui vecchi depositi inquinati, a causa della mancanza di normative all'epoca della loro costruzione. Le indagini preliminari possono poi servire come base per lo sviluppo di un progetto di bonifica o di messa in sicurezza che soddisfi i requisiti imposti per il sito contaminato.

Storia del progetto di bonifica del sito contaminato K20
Il sito contaminato K20, un'ex discarica di un'industria chimica, si trova in prossimità della città austriaca di Brückl nella valle Gurktal. Tra il 1926 e il 1981, il sito è stato utilizzato per lo smaltimento di idrocarburi clorurati (CHC), carburo di calcio e rifiuti inquinati da mercurio. I CHC depositati (inizialmente stimati in 100 - 1.000 t) comprendono principalmente tetracloroetilene, tricloroetilene, esaclorobutadiene, esacloroetano ed esaclorobenzene.

A partire dal 1995 sono stati eseguiti vari interventi di bonifica e una serie di indagini molto approfondite per l'analisi dello status quo.
A seguito di una valutazione del rischio condotta dall'Agenzia Ambientale Austriaca nel 2000, l'ex discarica è stata inserita come sito contaminato K20 nella mappa austriaca dei siti contaminati. Nel 2003, a seguito di ulteriori indagini, il sito K20 è stato classificato come sito di priorità 1.

Nel dicembre 2009, il governatore dello stato federale austriaco della Carinzia ha deliberato la bonifica del sito K20 attraverso la rimozione completa di tutti i materiali. A seconda del loro contenuto inquinante, questi dovevano essere riciclati, trattati o smaltiti. Nel 2012, una volta completate le operazioni preliminari, sono iniziati i lavori di bonifica e sono state rimosse circa 150.000 t di materiale contaminato.

Nel novembre 2014, quando è stata rilevata la presenza di esaclorobenzene nei pressi del cementificio incaricato di trattare termicamente i fanghi contaminati e in alimenti prodotti localmente, la bonifica del sito contaminato è stata interrotta.

È stata in seguito indetta una nuova gara d'appalto europea per il trasporto e il trattamento dei fanghi di calce inquinati e delle altre sostanze contaminanti. Da una analisi dei progetti presentati è però emerso che "nessun progetto che preveda il proseguimento della bonifica del sito potrebbe offrire certezza giuridica, tecnica, di tempo o di costi".

Messa in sicurezza mediante capping
Il contenimento della contaminazione era già stato considerato come opzione per il risanamento del sito nella prima analisi eseguita dai progettisti del Gruppe Umwelt + Technik GmbH nel 2008. Lo svantaggio di questa procedura è che necessita di un continuo monitoraggio e manutenzione del sistema di capping e che la potenziale fonte di inquinamento viene lasciata in sito ma gli sviluppi prima descritti hanno reso necessario riconsiderare l'opzione di contenimento per il sito contaminato. Una successiva valutazione delle opzioni disponibili da parte dei progettisti, nel 2016 ha aperto la strada a una soluzione innovativa per quanto riguarda il progetto del capping multistrato.

Oltre alle soluzioni da implementare al di sotto del livello della falda acquifera (cinturazione della discarica e abbassamento/trattamento della falda mediante pump and treat), il progetto prevedeva quindi la realizzazione di un capping innovativo multistrato e multifunzionale costituito dal geocomposito bentonitico NaBento RL-C con all'interno 11 kg/m² di bentonite calcica, una membrana LDPE con incorporato uno strato di alluminio impermeabile ai CHC, un geocomposito drenante e un geocomposito attivo con all'interno 2 kg/m² di carboni attivi. Questo sistema costituisce una barriera perfettamente impermeabile nei confronti delle emissioni gassose di CHC. Il geocomposito attivo è stato posato al di sotto della membrana per ridurre le concentrazioni di CHC che sarebbero andate a gravare sulla membrana e rallentare così il gradiente di diffusione. Il geocomposito attivo Tektoseal Active AC permette l'utilizzo del carbone attivo (un materiale adsorbente ad alte prestazioni già ampiamente utilizzato con successo da lungo tempo) in nuovi campi di applicazione. I due geotessili di contenimento del Tektoseal Active garantiscono la stabilità meccanica dello strato attivo, il che permette una posa semplice e rapida del materiale in tutte le condizioni. Lo strato attivo viene anche perfettamente protetto da qualsiasi fenomeno erosivo causato da acqua, vento o pendenza del piano di posa.

Il capping comprende anche una serie di tubi di aspirazione posati sopra e sotto l'impermeabilizzazione. L'aria presente nel terreno viene così aspirata in continuo dallo strato di estrazione inferiore e condotta ad un sistema di depurazione. Lo strato di estrazione superiore serve invece come monitoraggio di eventuali sostanze contaminate che dovessero attraversare gli strati impermeabilizzanti. La realizzazione del capping è iniziata nel novembre 2016.

Analisi della stabilità strutturale
A causa del suo utilizzo per molti decenni, il sito K20 ha una topografia molto irregolare, con aree caratterizzate da inclinazioni variabili fino a 70°. Ciò ha reso necessari notevoli lavori di movimentazione dei rifiuti contaminati per ridurre le pendenze. Mentre inclinazioni di 1:3 possono normalmente essere realizzate in sicurezza senza rischio di scivolamento del capping grazie all'utilizzo di idonei geosintetici, pendenze più ripide fino a 1:2 o 1:1,5 richiedono l'adozione di soluzioni aggiuntive per la stabilizzazione del pendio.

Il rischio che si instauri uno scivolamento in direzione parallela al pendio si presenta sempre quando l'angolo di attrito lungo un potenziale piano di scivolamento (ad esempio tra il geotessile nontessuto di protezione e la membrana liscia) è simile o inferiore all'inclinazione del pendio stesso. In queste situazioni, tenendo anche conto di tutti i fattori di riduzione imposti dalla normativa, il sistema diventa instabile. Le forze che provocano tale instabilità possono essere determinate considerando la differenza tra l'angolo di attrito minimo e la pendenza del pendio, la lunghezza del pendio stesso, lo spessore del terreno al di sopra della superficie di scivolamento e il peso specifico del terreno. Un elemento capace di assorbire tali forze di trazione instabilizzanti è tipicamente una geogriglia, che viene usata per trasferire le forze alla sommità del pendio e da lì ad una trincea di ancoraggio (Figura 1).

Il sistema rimane stabile finché la forza agente Ed è minore della forza stabilizzante Rd. Se le azioni superano le forze di attrito che si sviluppano lungo il piano di scivolamento, la differenza RB può essere assorbita e trasferita da una geogriglia. Nel sito K20 le verifiche allo scivolamento sono state eseguite considerando il pendio di massima inclinazione (1:2) e lunghezza (circa 45 m).

La sezione del capping è illustrata nella Figura 2. Come si può vedere, ci sono complessivamente nove potenziali piani di scivolamento (Tabella 1); per alcuni erano già disponibili i risultati delle prove di taglio mentre per altri sono state eseguite prove di taglio specifiche per il progetto. In favore di sicurezza e in accordo con le raccomandazioni tedesche sulla geotecnica delle discariche e dei siti contaminati, le analisi sono state effettuate considerando solo gli angoli di attrito, mentre la coesione e l'adesione sono state trascurate.

Tabella 1 Potenziali superfici di scivolamento
• Tra geocomposito drenante e terreno di copertura
• Geocomposito drenante - resistenza al taglio interno
• Tra geocomposito drenante e ghiaia drenante 16/32
• Tra ghiaia drenante 16/32 e nontessuto di protezione da 1.200 g/m2
• Tra nontessuto di protezione da 1.200 g/m² e membrana impermeabile
• Tra membrana impermeabile in LDPE e Tektoseal Active AC
• Tra Tektoseal Active AC e NaBento RL-C
• NaBento RL-C - resistenza al taglio interno
• Tra NaBento RL-C e terreno

Sono state individuate due potenziali superfici di scivolamento indipendenti tra loro al di sotto e al di sopra dello strato di drenaggio in ghiaia. La superficie critica di scorrimento al di sopra dello strato di ghiaia drenante è quella interna al geocomposito drenante (d=23°) mentre la superficie critica di scorrimento al di sotto dello strato di ghiaia drenante è stata individuata tra il geotessile nontessuto di protezione e la membrana LDPE (d=10,5°). A causa della loro distanza verticale, le due superfici hanno richiesto una valutazione separata e una specifica scelta della geogriglia di rinforzo.

Le verifiche di stabilità sono state eseguite secondo l'Eurocodice 7, mentre la metodologia di calcolo utilizzata è basata sulle raccomandazioni tedesche EBGEO, relative alla progettazione e l'analisi delle strutture in terra rinforzate con geosintetici.
Per le geogriglie sono state calcolate resistenze minime di 200 kN/m (Fortrac 200 T) per lo strato superiore e di 600 kN/m (Fortrac 600 T) per lo strato inferiore.
Dal momento che l'uso di trincee di ancoraggio non era tecnicamente fattibile a causa dell'impossibilità di effettuare operazioni di scavo nella discarica, l'unico modo possibile era quello di adottare degli ancoraggi pianeggianti. I bassi valori degli angoli di attrito (in particolare il valore di d=10,5° tra il geotessile nontessuto e la membrana) richiedevano lunghezze di ancoraggio molto significative (fino a 66 m). In alcuni punti però lo spazio disponibile era limitato a 25-32 m e quindi, a causa di questi vincoli geometrici, la soluzione adottata è stata quella di posare un'unica geogriglia continua che si estendesse sui pendii opposti a forma di sella, in modo che gli ancoraggi sui pendii opposti avessero così un effetto di controbilanciamento. Tuttavia, per evitare l'instaurarsi di azioni non bilanciate, questa soluzione ha richiesto la posa simultanea e parallela del terreno sui pendii opposti. È stato quindi necessario studiare specifici schemi di posa per garantire la stabilità anche in fase costruttiva (vedi figura 3).

Conclusioni
Dal momento che non esiste una soluzione universale ai problemi posti dai siti contaminati, i progettisti necessitano di un ventaglio di soluzioni tra cui selezionare le misure più adatte. Il capping attivo multistrato e multifunzionale in geosintetici descritto in questo articolo rappresenta una nuova possibilità. Le specifiche necessità di ogni singolo sito possono essere facilmente soddisfatte scegliendo opportunamente i materiali che costituiscono il capping. Ad esempio, nel progetto descritto nell'articolo sono state utilizzate geogriglie di rinforzo per garantire stabilità al capping nonostante i vincoli geometrici esistenti. Da un punto di vista ecologico e ambientale, per il sito contaminato K20 non c'è attualmente alcuna alternativa alla soluzione di capping illustrata in quanto ha eliminato la necessità di migliaia di trasporti di sostanze contaminate ed evita qualsiasi rischio di contaminazione durante le fasi di carico, scarico e trasporto. Il capping realizzato proteggerà la discarica sia dall'ingresso di precipitazioni che dall'azione del vento. La costruzione è iniziata nell'inverno 2016 ed è stata completata nell'inverno 2018.