Il Soil Washing e la Marcatura CE

Il Soil Washing è una tecnologia che consiste in una evoluzione delle tradizionali tecniche "a secco" di separazione e selezione granulometrica dei materiali granulari inerti, che può essere impiegata proficuamente nell'ambito delle attività di recupero/smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi

Una azienda leader nel settore è la De Cristofaro Srl, che possiede e gestisce una piattaforma polifunzionale di recupero di rifiuti speciali non pericolosi (R13-R5), sita nel comune di Lucera (FG), autorizzata a ricevere rifiuti di varia tipologia ma, di fatto, riconducibili prevalentemente alla famiglia dei codici CER 17 (Rifiuti delle attività di costruzione e demolizione).
All’interno della piattaforma vi sono tre sezioni di trattamento distinte:
• Selezione granulometrica (vaglio rotante);
• Riduzione volumetrica e deferrizzazione (impianto di frantumazione);
• Impianto di Soil Washing (SW).
Nell’ottica di una gestione del rifiuto improntata alla massima trasparenza, già nelle fasi preliminari di accettazione del rifiuto in impianto e in particolare in fase di attivazione dell’omologa, vengono specificate chiaramente e univocamente, in relazione alle caratteristiche fisico/chimiche e granulometriche del rifiuto, le sezioni di trattamento attivate e, per ogni singola sezione, i singoli stadi di trattamento.
L’impianto di Soil Washing è di recente implementazione ed è caratterizzato dalle seguenti peculiarità mutuate in parte dal settore estrattivo:
• Azione di separazione e disgregazione mediante sfangatrice a botte, cicloni e celle di attrizione. L’introduzione di tali tecniche consente una maggiore efficienza nella separazione e nel lavaggio delle diverse frazioni granulometriche di cui si compone il rifiuto in ingresso.
• Utilizzo dell’acqua in circuito semichiuso. Tale tecnica consente di impiegare l’acqua come mezzo con il quale eseguire materialmente la selezione granulometrica del rifiuto utilizzando contestualmente le capacità lavanti della stessa, addizionata con alcuni reagenti chimici (chemicals), per eliminare le componenti inquinanti. L’acqua è riciclata all’interno del ciclo produttivo previo trattamento di chiarificazione e rigenerazione fino al punto che, oramai completamente degradata ed esausta, è smaltita presso idoneo impianto esterno. Tali operazioni permettono di ridurre al minimo l’utilizzo della risorsa idrica proveniente dall’esterno del sito.
Per le operazioni di trattamento sono inoltre additivati anche alcuni “chemicals” che sono dosati nei diversi stadi in base alle caratteristiche chimico/fisiche del rifiuto.
In estrema sintesi l’impianto di SW può essere schematicamente suddiviso in due sezioni macrofunzionali:
• Sezione dedicata alla selezione e al lavaggio di ghiaia (>4 mm) e sabbia (<4 mm) in cui sono prodotti gli aggregati riciclati. Il materiale selezionato e ridotto volumetricamente negli stadi di trattamento propedeutici (vagliatura e frantumazione), viene introdotto all’interno della sfangatrice, dotata di palettatura interna adeguatamente sagomata e di ugelli spruzzatori, in maniera che il sistema sviluppi un’energica e turbolenta agitazione dei materiali da lavare e selezionare mediante un movimento in controcorrente fra l’acqua di lavaggio ed il materiale sottoposto al trattamento. All’interno della sfangatrice avviene, oltre alla rimozione della frazione estranea di natura organica, la separazione tra la ghiaia (>4 mm) e tutto ciò che ha una granulometria <4 mm (sabbia, limo e argilla). La ghiaia viene mandata al successivo stadio di lavaggio e accumulo della ghiaia mentre la frazione <4 mm viene inviata al successivo stadio di selezione e lavaggio sabbia. Qui, mediante l’impiego di idrocicloni, si realizza la separazione tra la sabbia e la frazione fine (<0,063 mm), e il contestuale lavaggio delle sabbie mediante le celle di attrizione.
• Sezione dedicata al trattamento delle acque, finalizzata al recupero delle stesse, costituita essenzialmente da un impianto fisico/chimico designato alla chiarificazione delle acque di lavaggio con sedimentazione e successiva disidratazione della frazione fine (<0,063 mm).
L’impianto SW, così come autorizzato, consente di:
• “Derogare” ai limiti di concentrazione in ingresso di cui al DM Ambiente 5 febbraio 1998 (non osservanza dei limiti imposti dal test di cessione dell’Allegato 3 dello stesso decreto). Tali parametri sono comunque rispettati e verificati in uscita.
• Migliorare la qualità ed incrementare notevolmente la quantità di rifiuto recuperato (MPS), a discapito delle operazioni di smaltimento, in totale accordo con la gerarchia nella gestione dei rifiuti dettata dall’art. 179 del D.Lgs. 152/2006.
Dal processo sopra descritto si ottengono aggregati riciclati certificati di elevata qualità con la contestuale produzione secondaria di residue quantità di materiale di scarto quali rifiuti recuperabili (separazione di frazione estranee come ferro, plastica, legno, ecc.) e/o non recuperabili (filtropressato, organico, acque di lavaggio esauste, ecc.).
L’intero processo è gestito con elevati standard di qualità definiti in corpose ed esaustive procedure interne di monitoraggio e controllo, quali:
• Istruzione operativa inserita nell’ambito del sistema di gestione della qualità che identifica compiutamente tutte le figure coinvolte all’interno del processo e le attività di monitoraggio e controllo da eseguirsi in impianto. Tale procedura è orientata in particolare agli aspetti ambientali della gestione del processo.
• Manuale del Controllo della Produzione in Fabbrica (MCPF) che, invece, è orientato alla corretta gestione dell’impianto finalizzata alla produzione di aggregati riciclati in conformità alle specifiche norme armonizzate applicabili (EN 13242:2002+A1:2007 ed EN 12620:2002+A1:2008).
Per il raggiungimento degli scopi definiti all’interno delle procedure di cui sopra, la società si è dotata, in impianto, di un avanzato laboratorio polifunzionale attrezzato con i più recenti sistemi di misura ed analisi dei materiali per la definizione delle caratteristiche fisico-chimiche-meccaniche sia dei rifiuti in ingresso sia degli aggregati riciclati in uscita.
La scelta di certificare (marcare CE con sistema 2+) gli aggregati riciclati prodotti, scaturisce dall’analisi qualitativa delle materie prime seconde (MPS) ottenute che risultano essere idonee per applicazioni strutturali.
Nasce da questa esigenza il ricorso ad ABICert, l’ente di certificazione notificato per l’emissione dei Certificati di Controllo della Produzione in Fabbrica per aggregati riciclati in conformità alle norme EN 12620:2002+A1:2008 e EN 13242:2002+A1:2007.
L’incontro tra due aziende specializzate nel settore dei materiali da costruzione ha portato, attraverso la riflessione sulla natura dei rifiuti trattati e sulle caratteristiche prestazionali dei prodotti ottenuti (MPS), alla esatta applicazione della marcatura CE.
Si nota, infatti, che la definizione di aggregato riciclato risulta applicabile alle MPS così prodotte poiché la tipologia di rifiuto trattato è, come precedentemente ricordato, quella riconducibile ai codici CER 17 (rifiuti da C&D). Questa specificazione risulta necessaria poiché, a prima vista, la MPS assume le sembianze di un aggregato naturale data la preponderanza di materiale classificabile come Ru (determinazione della classificazione degli aggregati grossi riciclati eseguita in conformità alla norma EN 933-1 e assegnazione delle classi in conformità al paragrafo 5.6 della norma armonizzata EN 13242 e/o al paragrafo 5.8 della norma armonizzata EN 13242).
Le ottime caratteristiche prestazionali rendono l’Aggregato Riciclato 0/4 mm adatto anche per il confezionamento di calcestruzzi non strutturali; l’utilizzo non strutturale è dovuto alla sola limitazione di carattere burocratico imposta dal paragrafo 11.2.9.2 delle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14.01.2008).
L’Aggregato Riciclato 4/63 mm è stato invece qualificato in conformità alla sola norma armonizzata EN 13242, la sua mancanza di parti fini, lo rende particolarmente adatto per la realizzazione di strati anticapillari nella costruzione sia di rilevati stradali sia di piazzali.
In conclusione, la tecnica del Soil Washing porta alla produzione di aggregati riciclati solo se il rifiuto in ingresso è proveniente da attività di C&D e le MPS così prodotte, per essere utilizzate in applicazioni strutturali (rilevati stradali, piazzali, …), devono essere marcate CE con sistema 2+ che prevede la verifica di un ente notificato presso la Commissione Europea.