Ripartire. Dalle origini

Nel sito di Assemini, alle porte di Cagliari, un polo d'eccellenza in cui si coniuga con grande armonia l'attività produttiva del sale e del cloro con la valenza naturalistica delle Saline Conti Vecchi. Syndial sta bonificando con le tecnologie più innovative e sostenibili le aree ex industriali, che Eni ha ereditato ex lege, al fine di renderle disponibili al territorio e destinarle a nuovi usi. Primo ed unico caso di sito produttivo valorizzato dal FAI, Assemini sarà anche sede del "Polo permanente per lo Sviluppo di Tecnologie nel campo delle energie rinnovabili" con la realizzazione di un impianto fotovoltaico e un impianto solare a concentrazione (CSP)

Cambiare pelle pur rimanendo se stessi. Può sembrare una frase fatta da psicologia spiccia, eppure è quanto viene alla mente se si ripercorre la storia, quasi centenaria, non di una persona ma di un sito industriale, quello di Assemini, in provincia di Cagliari, in Sardegna, che quasi come un organismo vivente ha saputo mutare ed evolvere, trasformandosi da zona paludosa infestata dalla malaria, quale era a inizio ‘900, a seconda salina d'Italia e d'Europa per produzione di sale marino, nonchè solfato di magnesio e cloruro di magnesio, dimostrando subito una vocazione alla chimica che dai primi anni Trenta si protrarrà per decenni, fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui accanto alla produzione di soda, acido cloridrico e ipoclorito di sodio a spiccare sono gli interventi di riconversione e riqualificazione messi in campo da Syndial (Eni).
Interventi tangibili che hanno permesso alle Saline Conti Vecchi di divenire un bene FAI - Fondo Ambiente Italiano e hanno reso possibile l'avvio del "Progetto Italia" di Eni che, in un'ottica circolare e sostenibile, prevede la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili nelle aree ex industriali o dismesse e senza possibilità di riconversione economica. È infatti in una delle aree bonificate che sorgerà l'impianto fotovoltaico che alimenterà il ciclo di lavorazione del sale coprendo il 70% del consumo energetico totale.
Per capire bene le trasformazioni e gli sviluppi che hanno interessato la zona occorre fare, però, un tuffo nel passato.

La storia delle Saline Conti Vecchi
È il 1919 quando l'Ing. Luigi Conti Vecchi, toscano di nascita, Generale dell'Esercito ed ex-Direttore delle Reali Ferrovie Sarde, presenta il progetto di bonifica dello Stagno di Santa Gilla, un'area paludosa alle porte di Cagliari. Benchè costoso, nel 1921 lo Stato Italiano approva e finanzia, con ben due milioni e mezzo di lire, la bonifica, riconosciuta di utilità pubblica. Un esercito di operai procede allo sbancamento del terreno con la dinamite, al dragaggio dei bacini, alla posa delle tubazioni, alla costruzione di moli, strade, ponti, capannoni e di un vero e proprio villaggio operaio per le famiglie dei lavoratori, sul modello delle grandi industrie ottocentesche. Negli stessi anni sorgono accanto alla salina una centrale termica, una fabbrica di cemento, una di ceramica e uno stabilimento per la produzione di concimi chimici: la laguna di Santa Gilla diventa così il primo nucleo di sviluppo industriale della moderna Cagliari, tanto che già nel 1940 la salina è una solida realtà industriale, in grado di dare lavoro a 400 dipendenti (che salgono a 1000 nella stagione della raccolta) e di produrre, oltre le 240 mila tonnellate l'anno di sale, una quantità di sottoprodotti per l'industria chimica e l'agricoltura che non ha eguali in nessuna salina italiana, con tanto di esportazioni verso l'estero (fino al 25% del prodotto in Nord Europa, Sudamerica e Canada dove è richiesto soprattutto per la salagione del pesce), oltre che verso le grandi industrie della Penisola, come ad esempio l'industria belga della soda Solvay di Rosignano, in Toscana.
Il segreto del successo di questa salina, oltre all'abbondante produzione di sale, si basa su un processo produttivo che sfrutta integralmente l'acqua di mare, senza produrre scarti: dalla lavorazione del sale si estraggono cloruro di sodio, sali di magnesio e di potassio e bromo. A ottimizzare il processo e a diminuire i costi contribuisce poi la struttura stessa delle Saline Conti Vecchi che, grazie alle sue pendenze rende possibile la distribuzione per gravità dell'acqua nei vari bacini, ottenendo significativi risparmi in termini di energia elettrica. La salina, poi, come un'industria di oggi basata sull'eco-sostenibilità, si fonda su una catena produttiva integrata a sviluppo circolare, dove non si butta nulla e tutto si ricicla.
Dall'incarnare il sogno di un'industria sostenibile e senza produzione di rifiuti ante litteram, si passa però agli anni Sessanta, anni segnati dall'ingente sviluppo della chimica inorganica (cloro-soda e prodotti derivati) e organica (cracking e prodotti derivati). Numerosi sono gli impianti di Assemini nati per rispondere a una logica di integrazione verticale della filiera del CVM (cloruro di vinile) e del PVC. Anche se, solo un decennio dopo, nel 1976, le attività iniziano a venire gradualmente ridimensionate fino ad arrivare alla sola produzione di soda caustica e dicloroetano, dicloroetano che sfrutta il cloro, a sua volta ottenuto mediante elettrolizzatori a membrana alimentati dal sale/salamoia delle adiacenti Saline Conti Vecchi.
Avviato dalla società Rumianca, il complesso industriale di Assemini passa al gruppo Sir nel1968 e dopo il suo fallimento, nel 1982 lo stabilimento viene trasferito ex lege ad Eni (prima joint venture Enoxy, poi Enichem, poi Syndial), con tanto di saline nel 1984. Già due anni dopo esserne entrato in possesso, Enichem, nel 1986, avvia un programma di riqualificazione, culminato con l'eliminazione del mercurio nell'impianto cloro-soda, convertito quindi alla tecnologia a membrana, fino ad arrivare al 2013 quando viene fermato del tutto l'impianto del dicloroetano, e gli annessi impianti ausiliari e di logistica, per avviare la riqualificazione del sito valorizzando la vocazione produttiva di sale e cloro. Anche il ramo cloro viene ceduto alla Società Ing. Luigi Conti Vecchi (controllata al 100% da Syndial) che fino ad allora aveva gestito soltanto le saline, la cui superficie di circa 2.700 ettari è ricompresa nei comuni di Assemini, Capoterra e Cagliari.


La riqualificazione e il risanamento ambientale
Per riqualificare il sito produttivo Syndial ha deciso di ridurre la capacità del vecchio impianto cloro soda e di ammodere l'impianto per la produzione di soda al 30%, acido cloridrico e ipoclorito di sodio (partendo sempre dal sale delle saline), attraverso un processo di elettrolisi che avviene nella cella a membrana di nuovissima generazione. L'acido cloridrico e l'ipoclorito di sodio hanno un importante impiego in termini di trattamento e di potabilizzazione delle acque, tanto che oltre a rifornire il mercato nazionale, vengono usati dalla stessa Syndial per trattare e decontaminare le acque di falda presenti nel territorio, a dimostrazione di quanto Assemini possa costituire un sito all'avanguardia per lo sviluppo dell'economia circolare, oltre che di riconversione, visto che parte del sale, ottenuto mediante un nuovo impianto di raffinazione e insaccamento, viene ora destinato all'uso alimentare. Il sito, però, non va dimenticato, rientra nell'ambito del SIN Sulcis - Inglesiente - Guspinese (insieme a Sa Piramide, Sa Canna, San Gavino Monreale e Sarroch) interessato, da anni, da attività di bonifica.
Nel sito industriale di Assemini, comprendente sia i 100 ettari di stabilimento, collegato al deposito costiero per lo stoccaggio di prodotti liquidi e al pontile, nonchè i 350 ettari delle restanti zone del sito industriale di Macchiareddu, la messa in sicurezza permanente e la bonifica hanno interessato e interessano 5 differenti Aree, oggetto di altrettanti decreti ministeriali. Come ci spiega Pier Filippo Mocciaro, Program Manager Sardegna Syndial (Eni): "le aree in questione sono: Deposito costiero, Is Campus, Isola 5, Aree Impianti e Aree esterne, con previsione di completamento di tutti i progetti autorizzati entro il 2026, ad esclusione degli interventi riguardanti la falda, dove è in atto un sistema di bonifica tramite emungimento e trattamento (pump and treat) che verrà chiaramente aiutato dall'avanzamento delle attività di bonifica vere e proprie dei suoli, ma che si protrarrà più a lungo. L'impianto TAF - prosegue - ha potenzialità pari a circa 130 mc/h e sviluppo previsto sino a 230 mc/h. L'acqua trattata - specifica ancora - è circa 1,2 Mmc/anno, che viene in parte recuperata presso l'impianto di osmosi inversa, con capacità produttiva massima 140 mc/h e portata variabile in funzione delle richieste, per successivo impiego all'interno dello stabilimento nel processo di produzione, o venduta all'esterno. Ad esclusione dell'Area Isola 5 - illustra Mocciaro - in cui è prevista un'attività di rimozione e smaltimento del materiale scavato perché misto a rifiuti tali da necessitare la selezione e lo smaltimento/termodistruzione per poi procedere con il rinterro dell'area, nelle restanti 4 aree vengono utilizzate principalmente tecnologie di bonifica in situ, come SVE, MPE ed ENA".

Il presente articolo è stato pubblicato a pag. 70 del n. 3/2018 di Recycling...continua a leggere

 

 

Progetto ad elevato valore tecnologico unico in Europa

Messa in sicurezza permanente di una discarica di rifiuti industriali estesa 20 ettari

Per creare un contenitore che impedisse ai materiali inquinanti presenti nella discarica di Assemini di filtrare attraverso il terreno e contaminare la zona circostante è stato deciso di inserire un diaframma plastico impermeabile in grado di isolare l'area di deposito dei rifiuti. Per costruire il diaframma plastico è stato necessario effettuare uno scavo lungo tutto il perimetro della discarica, con una profondità media di 42 metri. Raggiunto lo strato argilloso del terreno, impermeabile per natura, sono stati realizzati e inseriti 954 pannelli in cemento-bentonite, per una lunghezza totale di 1884 metri. Per evitare che l'acqua piovana si mischiasse con i detriti inquinati circoscritti nel diaframma è stata applicata una copertura impermeabilizzante, cosiddetta capping, composta da tre strati differenti: una membrana di materiali plastici, uno strato argilloso di un metro e mezzo e del terreno agricolo di riporto, utilizzato per la piantumazione e per integrare l'opera nell'ambiente paesaggistico circostante. Una perforazione orizzontale, mediante sondaggio teleguidato, ha permesso di collegare l’area diaframmata, con un impianto di trattamento delle acque di falda di proprietà all’interno dello stabilimento Syndial. Il sottopasso è stato realizzato in modo da consentire ai tubi camicia, in polietilene ad alta densità di attraversare la strada provinciale, senza ostacolare il normale flusso del traffico. All’interno delle condutture sono presenti le linee per l'aria compressa, per l'acqua industriale e per l’alloggiamento della fibra ottica, strumenti necessari per l’invio dell’acqua di falda alla depurazione. Il tutto sempre nel pieno rispetto dei limiti acustici e sotto costante monitoraggio della biofauna delle Saline Conti Vecchi.