Quattro tecnologie innovative per quattro diverse fasi di bonifica sostenibile

La fase emergenziale, quella di progettazione dell’intervento, quella di esecuzione vera e propria e il monitoraggio pre e post bonifica possono ora essere affrontati con quattro innovativi metodi e strumenti che Syndial ha sviluppato con la Ricerca Eni e che stanno riscuotendo grande plauso da Istituzioni e Organi di Controllo

Non sono sette spose per sette fratelli come nel celeberrimo musical del '54 di Stanley Donen, bensì quattro innovative tecnologia che Syndial (Eni) ha messo a punto per i quattro momenti topici che costituiscono il processo di bonifica.

1. Fase di Emergenza: e-hyrec, eni-hydrocarbon recovery, un dispositivo per il recupero selettivo dell'organico dalla falda
In molti casi la fase progettuale viene preceduta da interventi in emergenza, disciplinati dalla legge, che prevedono emungimenti e barriere idrauliche, rimozione di rifiuti, capping di aree contaminate, rimozione di prodotto organico smiscelato in falda, ecc. Proprio per la rimozione di quello che è il prodotto surnatante che si può trovare nella matrice falda, oggi si agisce tramite skimmer attivi e/o dual pump recovery, ossia tramite pompe che estraggono sì il surnatante ma con esso anche un'enorme quantità di acqua (fino al 70%) destinata a smaltimento con conseguente impatto negativo sulla sostenibilità ambientale ed economica, vista la bassa velocità di recupero e quindi la bassa efficienza di tale metodo rapportato agli alti costi di smaltimento.
Per ovviare a questo Syndial, in stretta collaborazione con la Ricerca e Sviluppo di Eni, ha sviluppato un dispositivo automatico per il recupero selettivo del prodotto organico, mutuando quanto già è presente in natura, ossia che esistono materiali fortemente idrofobici. Un esempio può essere costituito dalle foglie di loto che non lasciano passare l'acqua tanto da essere al 100% idrofobiche.
Insieme al dipartimento di Ricerca e Sviluppo di Eni, Syndial ha sperimentato un sistema basato sullo stesso principio e costituito da acciaio sinterizzato poroso (per natura caratterizzato da un'alta idrofobicità) cui è stato aggiunto un composto siliconico tale da renderlo sostanzialmente impermeabile.
È stato creato quindi un filtro in acciaio sinterizzato (di forma cilindrica con dimensioni compatibili con l'inserimento in un piezometro da 2" e pori dal diametro di 15, 30, o 50 micron) che, dopo essere stato sottoposto a trattamento idrofobizzante è stato testato in campo e inserito all'interno dei piezometri presenti nei siti di Gela e Porto Torres, ottenendo ottimi risultati onsite.
Solo per citarne uno, a Gela sono stati recuperati 25 litri nelle prime 20 ore (1.25 l/h), con una fase estratta costituita da solo organico al 100% (tale da poter essere in teoria recuperato) e uno spessore del surnatante che è divenuto velo dopo sole 20 ore.
Brevettato da Eni con il nome e-hyrec®, eni-hydrocarbon recovery, questo strumento è in grado di garantire alta efficienza e selettività. Azzerando la fase acquosa ne azzera anche i relativi costi di smaltimento e massimizza i tempi di recupero accelerando così il processo di recupero stesso visto che ogni e-hyrec® ha una capacità nominale di circa 500 l/giorno, ossia 150 ton/anno. Frutto ovviamente di una lunga sperimentazione, a fine 2017 è divenuto oggetto di un contratto di licenza stipulato fra Eni e un partner industriale per poter essere commercializzato, mentre per confermare su scala industriale i risultati dei test è prevista l'installazione entro fine anno di 15 dispositivi e-hyrec®: 5 a Gela (in presenza di idrocarburi), 5 a Porto Torres (in presenza di solventi clorurati) e 5 nei punti vendita Eni.

2. Fase di progettazione dell'intervento di bonifica:
il software SAF - Sustainable Assessment Framework come strumento decisionale

Non solo bonifica ma bonifica sostenibile, ossia il processo di gestione e bonifica di un sito contaminato finalizzato a identificare la soluzione migliore volta a massimizzare i benefici della sua esecuzione dal punto di vista ambientale, economico e sociale, tramite un processo decisionale condiviso con i portatori di interesse.
A tal scopo Syndial ha sviluppato a livello aziendale uno strumento di supporto decisionale per confrontate gli interventi di bonifica sulla base di indicatori di sostenibilità.
Il suo nome è SAF - Sustainable Assessment Framework e consente di valutare tutti gli aspetti legati alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica; tale strumento consente di tabulare un ampio spettro di parametri connessi all'intervento di bonifica e ai suoi impatti sul territorio, sulle matrici ambientali e sugli stakeholders, potendo anche condividere la rilevanza delle diverse componenti della valutazione proprio con gli stakehoders.
Lo scorso 25 ottobre Syndial ha sottoscritto con la Fondazione Università Ca' Foscari Venezia un accordo finalizzato a valutare e validare i modelli di intervento per le bonifiche sostenibili. Insieme all'obiettivo di dare vita a progetti di ricerca dedicati alla valutazione e ottimizzazione degli interventi per valorizzare le ricadute sul territorio anche in termini di recupero delle risorse, quali suolo e acqua, secondo i principi dell'economia circolare. Particolare importanza in questo contesto è stata data al SAF, già utilizzato da Syndial a Porto Torres e Pieve Vergonte e valutato positivamente anche dagli Enti autorizzatori.
Non solo validazione accademica però. L'intento di Syndial è quello di portare il SAF sul tavolo del SNPA - Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente affinchè uno strumento del genere possa essere inserito nella valutazione delle tecnologie applicabili a progetti operativi di bonifica anche durante l'iter amministrativo, cioè utilizzando un software e dei criteri in grado di determinare in maniera univoca quale progetto di bonifica risulta maggiormente sostenibile fra quelli presentati. Quindi utilizzarlo come criterio di assegnazione gara, in modo che possano essere applicati processi decisionali multidisciplinari per inquadrare il contesto eco sistemico e in modo che possano essere selezionati i migliori interventi in base ai potenziali minor ambientali ed antropici tenendo conto dell'intero ciclo di vita dell'intervento di bonifica attraverso una valutazione di sostenibilità.

3. Fase di intervento
di bonifica: e-ibs-abr, eni integrated bioremediation system with autocthonous bacteria and rhizomicrobiota, ossia la bonifica interamente biologica
Non in tutti i casi di bonifica sono applicabili le bio tecnologie, anche se l'indirizzo di Syndial è sempre più quello di andare nella direzione di un uso massimizzato delle tecnologie, meglio se biologiche.
e-ibs-abr, eni integrated bioremediation system with autocthonous bacteria and rhizomicrobiota è un marchio registrato che sottende un approccio completamente biologico alla bonifica.
Analizzando in laboratorio un terreno contaminato si valuta quale ceppo batterico meglio interagisce con la contaminazione. Contaminazione tendenzialmente data da idrocarburi, ossia la sostanza che meglio consente di utilizzare questa tecnologia.
I microrganismi possono utilizzare le sostanze inquinanti come nutrienti e fonte di energia. In un sito contaminato da idrocarburi, la popolazione microbica può interagire con la contaminazione e svolgere un'azione di degradazione degli idrocarburi che hanno contaminato l'area. Tale azione può essere accelerata dall'uomo attraverso lo sviluppo di consorzi batterici autoctoni che vanno ad attaccare la contaminazione presente nel suolo.
Questa azione, definita bioaugmentation, prevede un arricchimento localizzato dei consorzi batterici autoctoni e quindi già presenti nel terreno, attraverso l'alimentazione di nutrienti e di ossigeno in modo da favorire le cinetiche fisiologiche di tali ceppi microbici residui.
Tale azione può essere unita a tecnologie totalmente biologiche quali il landfarming per aumentarne l'efficacia.
Dopo varie prove in laboratorio è stata effettuata una prova pilota in campo, a Ravenna, sul sito Raffineria di Eni R&M ex Sarom, su un terreno di 700 mq diviso in 2 particelle da 350 mq ciascuna in cui si è applicato un processo di bonifica fondato sulla degradazione biologica, basata sia su azioni di biostimolazione della popolazione microbica autoctona aerobica, sia aumentandone il contenuto con un'ulteriore introduzione di batteri autoctoni, funghi e piante.
Il principio di questa tecnologia è quindi la produzione di un'attività enzimatica capace di attaccare le molecole di idrocarburi attraverso diverse vie di degradazione enzimatica senza alcun rischio residuale di contaminanti. I risultati ottenuti dall'attività di sperimentazione hanno confermato l'efficacia della bioremediation nell'area ex-Sarom di Ravenna applicata in funzione delle caratteristiche sito-specifiche e hanno consentito il raggiungimento di valori di concentrazione della contaminazione da idrocarburi al di sotto dei limiti di legge.
I risultati ottenuti nel corso della sperimentazione in campo hanno confermato le indicazioni di laboratorio e messo in evidenza la potenzialità e l'efficacia di un'applicazione combinata di diverse tecnologie di bonifica (landfarming, phytoremediation, bioaugmentation, biosparging). In particolare, come già evidenziato dai test di laboratorio, il landfarming ha confermato anche in pieno campo l'efficacia nella riduzione nel contenuto di idrocarburi pesanti negli orizzonti superficiali con un trend di riduzione di circa il 70%; le successive fasi del processo stratificato (MPPS - Multi Process Phytoremediation System), in tempi estremamente ridotti, hanno ulteriormente contribuito a ridurre la concentrazione di contaminante nei suoli del campo pilota.
Tale risultato è confermato dalla valutazione dei singoli punti di campionamento dei suoli: nel corso della sperimentazione (T0=campionamento iniziale, T1=dopo circa 2 mesi, T2=dopo circa 3 mesi, Tf=finale dopo circa 5 mesi) il numero di punti "contaminati" (con concentrazioni di idrocarburi pesanti superiori ai limiti normativi) si è ridotto dell'83%. Un risultato che ha portato alla creazione all'interno di Eni di linee guida condivise per l'utilizzo di questa tecnologia.

4. Monoitoraggio pre e post bonifica: campionatori passivi per misurare il reale impatto dei contaminanti nei sedimenti e nei terreni
La qualità dei suoli attualmente si valuta dalla concentrazione totale dei contaminanti presenti nei vari comparti ambientali. La concentrazione totale di per sé non fornisce però un'indicazione sufficiente per valutare gli impatti legati alla matrice contaminata in quanto solo una frazione del contaminante totale presente nel suolo è effettivamente mobile e quindi (bio)disponibile in maniera tale da poter comportare un rischio. Tali frazioni disponibili, presenti all'interno della matrice suolo e dei sedimenti, sono stimate mediante modelli lineari di ripartizione che però rischiano di portare ad una quantificazione non corretta delle aree/volumi sui quali intervenire, con conseguenti penalizzazioni nella scelta della tecnologia da adottare e, nell'ipotesi peggiore, possono portare all'impossibilità di raggiungere i limiti di bonifica.
Se oggi, quindi, la caratterizzazione del suolo e il monitoraggio di questi inquinanti avvengono tramite un campionamento puntuale, ossia un carotaggio tramite il quale si prende un campione di terreno e lo si analizza, Syndial in collaborazione con Eni, sta portando a termine una sperimentazione volta ad utilizzare invece un sistema di campionamento passivo, in grado di verificare quale è il reale contenuto del contaminante nel terreno, o meglio, in grado di dire come quel contaminante è realmente disponibile nel terreno, dal momento che si può avere certamente una grandissima quantità di contaminante ma se questo è sostanzialmente inerte e non si muove non costituisce un rischio, al contrario dei contaminanti disponibili, che essendo mobili vanno bloccati, diventando oggetto di intervento di bonifica.
Questo sistema si basa su di un film di polietilene a bassa densità che viene messo all'interno di un carotiere bucato e lasciato in situ. I vari contaminanti si appoggiano sulla superficie e vanno in equilibrio, vale a dire che il contaminante che è realmente mobile e disponibile raggiunge questo film rimanendovi attaccato e determinando così la vera concentrazione del contaminante mobile nella matrice. Viceversa quello che non si attacca è il contaminante non disponibile, fermo immobile nel terreno tale da non costituire rischio.
Con il sistema dei campionamenti passivi (adatti sia agli idrocarburi che ad altre sostanze contaminanti al momento in fase di test) si riesce ad indagare la reale entità del problema, riuscendo poi meglio a focalizzare l'intervento di bonifica, in quanto si può scegliere sia esattamente quale tecnologia applicare sia valutare in maniera corretta quali sono gli obiettivi di bonifica, non così scontata nel caso di valore limite tabellare facente riferimento ad una concentrazione che potrebbe non essere mai totalmente raggiungibile perché inerte nel terreno, e tale da rendere difficilmente raggiungibile l'obiettivo di bonifica.
Un esempio di campionamento passivo è stato realizzato a Ferrara in stretta collaborazione con l'Arpa Emilia Romagna, e può essere considerato una specie di best practice in quanto l'applicazione della tecnologia dei campionatori passivi ha permesso di rendere disponibile per il suo riutilizzo un'area sulla quale è stato realizzato un investimento industriale di Versalis da 250 milioni di Euro.
Esempio perfetto del pieno rispetto della circolarità che contraddistingue le attività di risanamento ambientale Syndial (Eni), basate sulla riduzione del carbon footprint nelle attività di bonifica, sulla rimozione della contaminazione dalle acque di falda e dai terreni per il loro successivo riutilizzo al fine di valorizzare le aree bonificate per renderle nuovamente disponibili al territorio.