Iter di scelta tecnica e amministrativa nei siti da bonificare

Siti contaminati, caratterizzazione, tecniche di intervento e cinque casi di Phytocapping

La missione istituzionale affidata al Commissario Unico per le discariche abusive presenti nel territorio italiano attiene ai siti colpiti da un'infrazione comunitaria, in alcuni casi rispetto alla procedura di infrazione europea C196-13 (cosiddette discariche abusive) che ha già generato una sanzione e in altri casi siti di discarica afferenti alla procedura di infrazione europea C498/17 (cosiddette discariche preesistenti) che invece al momento non costituisce una sanzione pecuniaria ma obbliga la Repubblica Italiana a provvedere.
Il punto di vista che si è potuto generare nel corso di quattro anni di lavoro, sopralluoghi, conferenze di servizi, riunioni tecniche, pareri su vari contesti geografici ed istituzionali ha permesso un'analisi accurata e di sistema delle problematiche inerenti alle questioni associate a questa tematica.
Senza dubbio le discariche da bonificare o mettere in sicurezza rappresentano una particolare categoria del più grande contenitore dei siti potenzialmente contaminati e dell'intersecante contenitore delle discariche in generale.

Parallelamente, infatti, alle discariche nate e gestite con criteri normativi, tecnici e tecnologici pienamente legittimi, vi sono invece altri siti che necessitano di regolarizzazioni, sistemazioni o adeguamenti rispetto alle direttive europee e alla successiva o comunque più recente legislazione italiana.
In questa ultima categoria vi sono i diversi siti di cui la Struttura Commissariale si fa carico ormai dal 2017,  periodo lungo ormai più di 4 anni durante il quale è stato possibile effettuare dei focus specifici sulle diverse questioni relative alle modalità ed ai criteri di scelta tecnica ed amministrativa della maniera più idonea per superare limiti e criticità.

Bisogna sempre ricordare che ci si muove all'interno di diversi riferimenti normativi e allegati tecnici che dettano le fasi e dettagliano le procedure da seguire. Certamente un importante riferimento giuridico è da ricercarsi nel decreto legislativo nr. 36 del 2003 che disciplina la progressiva riduzione del collocamento in discarica di rifiuti e la previsione di requisiti operativi e tecnici per i rifiuti e le discariche volte a prevenire o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente. Ma soprattutto è necessario volgere la massima attenzione all'impianto normativo del decreto legislativo nr. 152 del 2006 (cosiddetto testo unico ambientale). In particolare la parte quarta al titolo V è completamente rivolta al tema della "bonifica dei siti inquinati" e nello specifico, gli interventi di bonifica e rispristino ambientale, nonché l'eliminazione delle sorgenti di inquinamento e riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti con la relativa definizione dei sistemi, criteri e modalità di svolgimento delle operazioni necessarie.

Per definire le modalità e i criteri che sono alla base delle scelte tecniche ed amministrative, non si può non riferirsi a quanto viene normato nell'articolo 242 del d.lgs. 152/2006 soprattutto con rispetto a quanto consegue dalle risultanze delle due fasi fondamentali rispetto alla redazione del progetto operativo di bonifica (pob), ovvero il piano di caratterizzazione (pdc) e l'Analisi di rischio (adr).

Anzitutto è doveroso specificare però cosa si intenda per sito contaminato: "l'area o porzione di territorio, geograficamente definita e determinata, intesa nelle diverse matrici ambientali (suolo, materiali di riporto, sottosuolo ed acque sotterranee) e comprensiva delle eventuali strutture edilizie e impiantistiche presenti ove si sia registrata una fonte/causa  di contaminazione", oltre a questa definizione è utile riportare anche quelle di CSC (concentrazioni di soglia di contaminazione), ovvero: "i livelli o soglie, oltre i quali si manifesta la contaminazione della matrici ambientali" e quello di CSR (concentrazioni di soglia di rischio): "i parametri delle  soglie di contaminazione da determinare caso per caso con l'applicazione dell' della procedura di analisi di rischio sito specifica (AdR)  e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione".Quindi sulla base di quanto sopra esposto, un sito risulta contaminato "quando i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR) siano stati superati". Per cui si può dedurre che qualora siano oltrepassate le CSC (concentrazioni di soglia di contaminazione) nella fase di indagini preliminari, si renderà necessaria la caratterizzazione del sito e la relativa analisi di rischio sito specifica e se si rilevasse un superamento delle CSR (concentrazioni soglia di rischio) verrà richiesta la messa in sicurezza e la bonifica,laddove i livelli definiti rappresentano quelli di massima accettabilità del sito.

La caratterizzazione rappresenta solo il primo di una serie di passi che hanno come obiettivo la bonifica o messa in sicurezza, il piano di caratterizzazione deve essere indirizzato alla definizione di un piano di indagine che consenta di ottenere il numero d'informazioni maggiormente possibile sull'assetto geologico ed idrogeologico del sito e sull'eventuale contaminazione, il tutto a costi e tempi pur sempre ragionevoli ed efficaci. Citando l'art.242 allegato 2 "la caratterizzazione è l'insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere le decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza o bonifica del sito".

Di massima un'adeguata caratterizzazione (ed il relativo piano della caratterizzazione) prevede:
a) [una ricostruzione  storica delle attività produttive svolte sul sito;
b) l'elaborazione di un modello concettuale preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee;
c) l'esecuzione di un piano d'indagini  per raccogliere i primi risultati e dati del sito;
d) l'elaborazione delle risultanze delle indagini eseguite e rappresentazione dello stato di contaminazione delle matrici;
e) l'elaborazione di un modello concettuale definitivo del sito;
f) l'individuazione dei livelli di concentrazione accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in  sicurezza e/o bonifica che si rendessero necessari a seguito dell'analisi di rischio.

Il piano della caratterizzazione descrive dettagliatamente il sito e tutte le attività che vi si sono svolte o che ancora sono in corso di svolgimento, descrive le condizioni necessarie alla protezione ambientale e alla tutela della salute pubblica, presentando un piano delle indagini preliminari da attuare per definire tipo, grado ed estensione dell'inquinamento, in particolare i contenuti devono essere mirati alla:
a) individuazione dei punti/aree potenzialmente contaminate (concentrazioni oltre i limiti di soglia CSC);
b) definizione del modello concettuale (sorgente trasporto bersaglio);
c) acquisizione di dati per l'implementazione di una analisi di rischio sito-specifica;
d) acquisizione dei dati per l'eventuale determinazione dei valori di fondo;
e) individuazione delle eventuali misure di messa in sicurezza di urgenza/operativa.

La caratterizzazione può essere realizzata per fasi successive a crescente dettaglio finalizzate ad approfondire specifici aspetti per l'affinamento del modello concettuale, ovvero "la rappresentazione schematica e semplificata dell'interazione tra lo stato di contaminazione e l'ambiente naturale o antropico, esso descrive: le fonti di contaminazione, la natura e l'estensione dell'inquinamento (sulle matrici ambientali: suolo, sottosuolo, acque e atmosfera), i percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ed ai bersagli, le vie di esposizione sulla base dell'suo del territorio nonché i bersagli della contaminazione (recettori ambientali e umani ad esempio: il pericolo di ingestione, il contatto dermico e la lisciviazione del contaminante)" cit. Rapporto ISTISAN - ISPRA ed. 2010 di F. Pascarella, E. Bartolucci, M. Fratini.

Il modello concettuale è l'elemento fondamentale nell'intero processo di caratterizzazione e bonifica dei siti contaminati ed è alla base della pianificazione delle strategie di indagine preliminare, di caratterizzazione e di messa in sicurezza e bonifica. Ovviamente la corretta pianificazione ed esecuzione del piano di caratterizzazione determina la precisione, rappresentatività, correttezza e affidabilità delle fasi successive. I possibili errori o fraintendimenti nonché fuorvianti valutazioni tecniche possono essere scongiurate solo attraverso un piano di caratterizzazione ben costruito, che possa essere sito specifico e realizzato con fasi graduali in cui si dettaglia sempre più e sempre meglio la conoscenza del sito.

Sulla base della raccolta delle informazioni si passerà alla fase di progettazione del piano di investigazione, la cui esecuzione dovrà fornire tutti gli elementi necessari per le successive fasi dell'iter procedurale, differenti possono essere le tipologie di indagini: dirette (sondaggi, piezometri) o indirette (sismiche, geoelettriche, radiometriche) ma comunque tutte le analisi riguarderanno la raccolta di dati sulle diversi matrici ambientali: gas, top soli, suolo, sottosuolo, acque di falda, sedimenti fluviali, lacustri o marini.

In fase di progettazione dovrà essere definita la strategia di caratterizzazione in termini di set analitici (ubicazione e numero dei punti di indagine, numero e profondità dei prelievi dei campioni), poiché la selezione del set analitico riveste una rilevanza fondamentale per consentire la ricostruzione di un quadro completo delle contaminazione con i relativi impegni finanziari e temporali per rimuovere l'inquinamento. E' da rilevare per opportuna informazione che il piano di investigazione comprenderà inoltre una serie di attività cosiddette "preliminari" quali ad esempio: la ricerca di ordigni bellici, la pulizia da vegetazione e apertura piste, l'individuazione dei sotto servizi che spesso possono vincolare la realizzazione delle indagini progettate.La presentazione dei risultati ottenuti porterà quindi ad un modello concettuale del sito specifico (MCS), ovvero: una "fotografia" geologico, idrogeologica e chimica dello stato delle matrici ambientali e della distribuzione dell'inquinamento (cit. pag. 18 del rapporto ISTISAN 16/9).

Tale modello comprende le tre componenti principali che costituiscono l'analisi di rischio: sorgente, trasporto e bersaglio. Pertanto si avranno: sorgenti di contaminazione (ovvero gli elementi che causano la contaminazione), le vie di migrazione degli stessi (ovvero come si possa propagare la contaminazione ad esempio tramite: il contatto dermico, la volatilizzazione, inalazione, la lisciviazione verso la sorgente idrica), i bersagli della contaminazione (ovvero i soggetti verso cui la contaminazione è pericolosa, di solito i recettori da valutare di solito sono umani).Per quanto sopra, quindi la procedura avanzata per valutare il grado di contaminazione di un sito e dei rischi per la salute umana è l'analisi di rischio.

L'obiettivo di bonifica sarà differente da sito a sito in base alle specifiche caratteristiche geologiche, idrologiche, di fruibilità e di destinazione d'uso dell'area, in ogni caso l'analisi di rischio viene utilizzata come uno dei criteri di valutazione ma non come l'unico criterio di stima. Il T.U.A. prevede l'applicazione della procedura di AdR quando eseguita l'indagine preliminare di caratterizzazione vengono superate le concentrazioni della soglia di contaminazione (CSC), vengono quindi definiti i criteri e le procedure per l'eliminazione delle sorgenti di inquinamento e le relative soglie di rischio (CSR) ammissibili, ovvero i livelli di accettabilità per la salvaguardia della salute.

Andando più nello specifico, l'analisi di rischio (adr) è il sistema per valutare il grado di contaminazione di un sito e d i relativi rischi per l'uomo, la procedura prevede un approccio graduale di approfondimento articolato in 3 differenti livelli: livello 1 - risk screening, livello 2 - procedura sito-specifica, livello 3 - procedura approfondita.Al fine di ottenere risultati accettabili si deve porre particolare attenzione e cura nella scelta dei parametri da utilizzare rispettando i criteri di conservatività propri della procedura di adr e del concetto di sito-specificità. Per il calcolo del rischio o per il calcolo degli obiettivi di bonifica delle sostanze contaminanti rilevate nel sito, i modelli necessitano di informazioni attinenti: ai parametri sito-specifici dell'area contaminata (ad es. tipologia di contaminante, dimensioni sorgente), di elementi ricavati dall'esecuzione del piano della caratterizzazione nonché dalle misure del modello concettuale e dall'uso dell'area (commerciale o residenziale), sono essenziali anche le caratteristiche chimico/fisiche e tossicologiche delle sostanze stesse. Per determinare bene i singoli parametri utili e da ricercare per l'inserimento nell'analisi di rischio, dal Ministero dell'Ambiente in collaborazione con diversi enti, ha creato delle linee guida "criteri metodologici per l'applicazione dell'analisi assoluta di rischio ai siti contaminati", tale documento comprende la costruzione del modello concettuale, il calcolo del rischio e degli obiettivi di bonifica sito-specifici, l'analisi dei software in commercio e i criteri di validazione, nonché una parte descrittiva generale discorsiva ed esplicativa.In linea di massima i temi trattati e ricercati per comporre una buona analisi di rischio sono: la definizione degli obiettivi di bonifica, l'utilizzo dei dati di campo per la verifica dei risultati ottenuti con l'applicazione modellistica, l'attivazione del percorso di lisciviazione in falda e la definizione degli obiettivi di bonifica in presenza di concentrazioni superiori alla concentrazione di saturazione. Determinati i livelli e i parametri delle soglie di contaminazione, è opportuno parlare di bonifica e del suo significato ovvero: "l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti si inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee portandole ad un livello pari o inferiore alle soglie di rischio (CSR)" (cit. pag. 331 - Stefano Sassone - Vademecum dell'Ambiente - III edizione marzo 2018). Ultimate le operazioni di cui alla dicitura sopra richiamata,  un sito si intende bonificato.

Diversamente  invece il "rispristino" consiste negli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, comprendenti ovviamente il completamento delle azioni di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti e assetti urbanistici.Il Testo Unico Ambientale (TUA) prevede inoltre attività di "messa in sicurezza" differenti a seconda dell'obiettivo perseguito con riferimento a:
1. messa in sicurezza d'emergenza: ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nella condizione d'emergenza e di prossimità, in caso di contaminazione repentina. Consistente in ciascuna serie di atti contenitivi della diffusione delle sorgenti primarie e di contaminazione, che impediscano il contatto con altre matrici presenti nel sito, in attesa di eventuali ulteriori azioni di bonifica o messa in sicurezza permanente.
2. messa in sicurezza operativa: l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono anche gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria, con i relativi piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate.
3. messa in sicurezza permanente: l'insieme degli interventi atti ad isolare in modo definitivo le fonti inquinanti e a garantire un elevato e conclusivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In questi casi vanno da considerarsi, per una completa attività risolutoria, un monitoraggio e un controllo delle matrici nonché la limitazione d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici.
Per concludere questo veloce quadro della normativa nazionale, possiamo dire che la bonifica mira a ridurre concentrazioni di inquinamento fino a portarle sotto il livello di rischio accettabile, invece la messa in sicurezza mira ad isolare la fonte di inquinamento in modo tale che la stessa non provochi più danni e non interagisca più con l'ambiente circostante in definitiva quindi entrambe sono operazioni equivalenti e alternative di disinquinamento dei siti contaminati. Per un quadro più ampio e maggiormente esplicativo delle operazioni di bonifica, appare utile evidenziare, a carattere generale, le diverse modalità di intervento, premesso che fra tutte le metodologie e tecnologie di risanamento non può esistere la "soluzione universalmente migliore", poiché ogni intervento è caratterizzato da molti fattori e l'efficacia dipende anche dalle specifiche condizioni del dove si opera.

A grandi linee una prima distinzione fra le tipologie di operazione è quella che distingue le tecniche in base ai processi indotti sui contaminanti, per cui possiamo avere:
1. distruzione - provvedimenti che operano direttamente sui contaminanti riducendone l'azione tossica e nociva sulle matrici ambientali, tali tecniche trasformano attraverso processi biologici, chimici o biochimici gli inquinanti in altri composti meno pericolosi;
2. mobilitazione - tecnologie che spingono alla movimentazione del contaminante dalla matrice in cui è presente, tali tecniche provocano la dislocazione dell'adsorbato o del soluto verso la matrice aria, per esempio attraverso l'iniezione diretta di varie miscele di gas oppure con forte somministrazione di calore;
3. immobilizzazione e contenimento - tecnologie e strumenti che mirano a ridurre la mobilità dei contaminanti e principalmente tramite solidificazione, stabilizzazione, vetrificazione o termodistruzione. Le stesse sovente vengo utilizzate in accoppiata con le tecniche di contenimento che isolano la fonte inquinante e le vie di trasporto della stessa, per esempio con l'utilizzo delle barriere impermeabili (capping) o isolamento dei percolati tramite drenaggi, ricariche e opportuni trattamenti , al fine di  evitare la contaminazione delle acque di falda (pump&stock, Pump&treat).

Un'altra distinzione tra le molteplici tecnologie di bonifica può essere fatta a seconda del sistema di trattamento del rifiuto/contaminazione: in situ (trattare la matrice senza rimuoverla dal sito, on site (rimuovere la matrice dal  sito per trattarla in impianti espressamente creati all'interno dell'are stessa), off site (spostare la matrice dal sito per trasportarla in impianti speciali di trattamento fuori dall'area di interesse). È doveroso sottolineare che una sostanziale differenza tra i trattamenti on site e off site consiste nella riduzione dei costi legati al trasporto di materiale contaminato prelevato dal sito, la sostanziale riduzione di incidenza su strada e la prevenzione di illeciti ambientali, pur tuttavia l'allestimento on site degli impianti di trattamento è subordinato alla disponibilità di una superficie sufficiente a contenere i componenti impiantistici e l'eventuale area di stoccaggio del materiale da trattare, così come particolare attenzione debba essere rivolta ad evitare il contatto diretto del corpo inquinante  prelevato e la matrice incontaminata di suolo o di acqua. In termini di tecniche utilizzate possiamo riassumerle in due categorie: 1. tradizionali (soil treatment, dig&dump, ovvero scavo e conferimento in discarica e capping on site, ovvero copertura ed isolamento); 2. Innovative (bio-risanamento in situ ed ex situ tramite trattamenti fisico/chimico/fitologici che, se adattabili alle singole situazioni, risultano più sostenibili, meno onerose e che permettono una completa restituzione delle matrici ai loro utilizzi). Per concludere, qualsiasi sia la tecnica utilizzata o la metodologia scelta, l'obiettivo di bonifica deve essere in primis la difesa della salute pubblica e deve mirare ad un pieno ripristino dell'area contaminata per poterla poi così restituire alle comunità.

La mission e le relative linee d'azione della struttura Commissariale si muovono nel contesto ampio della sostenibilità ambientale, intesa come strategia operativa e parametro di riferimento di condotta che si fonda su tre pilastri fondamentali: sociale, ambientale ed economico. E' evidente che sarebbe auspicabile un intervallo temporale non troppo ampio fra il momento di conoscenza derivante dal pdc e il momento di progettazione/esecuzione dell'intervento di bonifica e/o messa in sicurezza.

Pertanto, partendo dalla necessaria affidabilità e corretta costruzione tecnica della caratterizzazione e del modello concettuale del sito di discarica, si può ragionare sulla scelta migliore dell'intervento più idoneo per bonificare o mettere in sicurezza il sito contaminato.
Nell'ambito della "scelta" entrano tematiche di natura squisitamente tecnica, ma anche aspetti procedurali e di taglio più propriamente amministrativo che si devono necessariamente intersecare. Quindi il progetto preliminare (così come chiamato nel d. lgs. 152/2006) nonché il progetto di fattibilità tecnico economica (così come enunciato nel d. lgs. 50/2016) devono offrire un ventaglio di proposte e una valutazione costi/benefici che possa permettere un confronto oggettivo fra le opzioni e scegliere, anche attraverso le conferenze dei servizi, la strada più idonea effettuando una valutazione olistica.

Nell'ambito della procedura di infrazione alcuni aspetti che pesano, nel seguire un iter anziché un altro, sono la tempistica, l'economicità, la provata efficacia, la ripristinabilità, la fruibilità, la sito specificità e i costi di manutenzione. Tutto questo viene valutato sfruttando le competenze tecniche ed esperienziali dei diversi enti pubblici coinvolti ma senza perdere di vista il motivo da cui nasce l'incarico commissariale, basato sulla straordinarietà della procedura di infrazione, che impone di procedere speditamente per evitare ulteriori dispendi di risorse pubbliche.

Sarebbe inopportuno stilare delle tabelle di valutazione delle diverse tecnologie di bonifica o messa in sicurezza anche perché ISPRA, ad esempio, redige e aggiorna periodicamente le varie possibili soluzioni tecniche evidenziando per ognuna i punti di forza e di debolezza. Pertanto, può avere un senso valutare l'auspicabilità di alcuni degli interventi commissariali sulle specifiche discariche abusive situate in zone remote, fuori dai centri urbani, in aree montane e poco popolose, fuori da piccoli centri con tipologie di rifiuti solidi urbani scarsamente impattanti e con criticità ambientali non molto accentuate, senza poi considerare gli effetti dell'attenuazione naturale.

In tale ambito sembra opportuno precisare che, proprio per il discorso poc'anzi accennato, quando il lasso di tempo intercorso fra i dati conoscitivi del sito e la realizzazione dell'intervento previsto si dilatano eccessivamente, si rende opportuno avere un aggiornamento della reale situazione del sito di discarica in maniera da valutare se le precedenti considerazioni tecniche siano ancora valide o se non bisogna invece riadattare l'intervento secondo quanto restituito da una fotografia più efficace, completa e tempestiva.

Questa della zona di intervento più aggiornata e secondo caratteristiche legate ad alcune delle discariche commissariate ha portato a sviluppare alcune sinergie istituzionali, come anche delle collaborazioni operative. In particolare, volendo inserire una modalità procedurale con un taglio molto pragmatico bisogna premettere che esistono diversi attori quali, enti di ricerca, università e agenzia di protezione ambiente e tanti altriche si occupano dal punto di vista scientifico e tecnico in maniera molto professionale e ben più qualificata. Sarebbe inspiegabile se una struttura come quella commissariale non sfruttasse questo "know how" specifico ed in continua crescita. Dunque è opportuno cogliere l'occasione per spiegare l'esperienza che riporta esempi di concreta applicazione delle tecniche di fito tecnologia su alcune delle discariche abusive in procedura di infrazione, affidate alla Struttura Commissariale. Rimane particolarmente interessante la descrizione di alcuni interventi nei quali vi è stata una concreta applicazione di interventi di fito tecnologie, nell'esperienza delle discariche in infrazione.

È possibile illustrare brevemente il tipo di intervento di fito tecnologia applicato in 5 casi, che hanno coinvolto Università del Sannio, Arpa Umbria e Arpa Abruzzo, Arpa Calabria oltre che professionisti e Comuni situati in diverse Regioni italiane, Calabria, Lazio e Abruzzo. Dei 5 siti situati nei comuni di Joppolo (VV), San Valentino in Abruzzo Citeriore (CH),  Petronà (CZ), Badolato (CZ) e Villa Latina (RM), per gli ultimi 3 l'intervento di fito tecnologia ha previsto una manutenzione del verde effettuata dal Comune ed il monitoraggio delle specie vegetali, anche come tecnica di verifica del buon esito dell'intervento. Grazie ad un'attenta descrizione degli interventi effettuati, i siti sono in istruttoria da parte di uffici amministrativi della Commissione Europea e probabilmente usciranno dalla procedura di infrazione, mentre altri sono già stati stralciati ufficialmente. I progetti, con le loro specifiche differenze, prevedono una serie di interventi finalizzati alla sistemazione definitiva e al ripristino ambientale dell'ex discarica.

Nelle discariche era già presente un capping costituito da una geomembrana in HDPE con sovrastante terriccio, di spessore variabile in un caso. Rifornimento di terriccio solo negli altri due casi. Ma spesso questo telo era danneggiato, incompleto o non più idoneo. Al fine di potenziare l'isolamento dei rifiuti depositati dall'ambiente esterno e migliorare l'inserimento paesaggistico e ambientale del sito, oltre a quanto già presente, è stata effettuata la realizzazione di un Phytocapping costituito da due componenti principali: la vegetazione, che funge da "raccoglitore di pioggia" ed il terreno come "deposito". Il Phytocapping svolge le stesse funzioni di un capping tradizionale controllando la percolazione attraverso tremeccanismi principali: l'intercettazione della pioggia da parte del fogliame delle piante, l'immagazzinamento dell'umidità nel terreno e l'evapotraspirazione. Attraverso la piantumazione della vegetazione è inoltre possibile garantire una maggiore stabilità della copertura del suolo, protezione dall'erosione, aumento della biodiversità e miglioramento dell'integrazione paesaggistica con la riconnessione visiva del sito all'ambiente circostante. Il previsto ripristino ambientale si configura come un intervento di rinaturalizzazione il cui scopo principale è quello di stabilire quel lentissimo processo naturale di evoluzione verso il climax senza necessità di interventi successivi. Obiettivo prioritario, quindi, è puntare alla rinaturalizzazione del sito in tempi ragionevoli ripristinando un ambiente naturale, habitat ospitale per la massima variabilità degli organismi vegetali. I progetti hanno inoltre tenuto conto della necessità di garantire la migliore integrazione paesaggistica dei siti, in funzione delle caratteristiche paesaggistiche-ambientali dei contesti in cui ricadono. Le scelte sono state orientate anche verso interventi che richiedano manutenzioni ridotte al minimo indispensabile. Lo scopo principale degli interventi è, dal punto di vista ecologico, quello di restituire all'ambiente il suo carattere di continuità, ricostituendo la vegetazione tipica dei luoghi, creando quindi microambienti naturali che, oltre ad una valenza paesaggistica, hanno l'importante finalità ecologica di favorire il mantenimento della biodiversità locale. Al momento di eseguire gli interventi di rinaturalizzazione bisogna tener conto delle specie che vivono naturalmente nell'area, ma anche di come esse si organizzano in comunità, di come si evolvono e quali sono i rapporti dinamici tra le differenti fitocenosi presenti nel territorio analizzato. Il criterio di utilizzare specie autoctone, ossia tipiche della vegetazione potenziale delle aree interessate dal progetto, è stato adottato per reinserire le aree oggetto di intervento, sia a livello paesistico-percettivo, che a livello ecologico, nel contesto territoriale di inquadramento. La scelta delle specie e varietà adeguate risulta, inoltre, condizione indispensabile per rendere più agevoli e razionali le manutenzioni e, quindi, per rendere più efficaci ed accettabili i risultati delle realizzazioni stesse.

I fattori che hanno determinato la scelta delle specie vegetali da utilizzare per gli interventi a verde per il ripristino ambientale del sito dell'ex discarica sono così sintetizzabili:
1. Fattori botanici e fitosociologici, le specie prescelte sono state individuate tra quelle autoctone, sia per questioni ecologiche, che di capacità di attecchimento, prediligendo specie che possiedano doti di reciproca complementarietà, in modo da formare associazioni vegetali ben equilibrate e stabili nel tempo;
2. Criteri ecosistemici, le specie sono state individuate in funzione della potenzialità delle stesse nel determinare l'arricchimento della complessità biologica;
3. Criteri agronomici ed economici, gli interventi sono stati calibrati in modo da contenere gli interventi e le spese di manutenzione (potature, sfalci, irrigazione, concimazione, diserbo).
Per valorizzare l'intervento dal punto di vista naturalistico si sono utilizzati rapporti quantitativi fra le specie tali da permettere il mantenimento di un elevata biodiversità specifica. A questo scopo si sono ridotte le percentuali delle specie che potrebbero avere un accrescimento rapido ed eccessivo e che potrebbero esercitare una marcata concorrenza nei confronti di quelle con ciclo vegetativo più lento o con minor vigoria, che sarebbero soppiantate in breve tempo. L'intervento prevede l'inoculo del consorzio microbico attraverso lo spargimento al suolo senza rimuovere la copertura vegetale mediante l'impiego di formulati in polveri bagnabili che utilizzano l'acqua come mezzo veicolante dei propagoli dei microorganismi direttamente nel terreno attraverso la porosità dello stesso. In conclusione l'intervento di idrosemina previsto garantisce, in una prima fase, una rapida copertura del suolo con lo sviluppo della vegetazione prevalentemente erbacea, che evolve in un secondo momento, verso uno stadio di prato arbustato. Tale associazione rappresenta un elemento di connessione con le aree boscate contigue ai siti di intervento.

Per gli interventi sono stati utilizzati i seguenti mezzi tecnici: collante che favorisce l'adesione del seme alla superficie del terreno specie in condizioni di pendenza; concime che essendo distribuito insieme al seme ne favorisce la germinazione e assicura una adeguata nutrizione alla plantula in fase di radicazione e  colonizzazione del volume di terra; consorzio microbico costituito da micorrize e batteri della rizosfera che promuovono lo sviluppo della pianta e ne favoriscono la capacità adattativa in condizioni di stress biotici e abiotici. Il materiale adoperato è assimilabile, da un punto di vista fitoclimatico, a quelle d'impianto al fine di garantire la piena adattabilità del materiale alle caratteristiche pedo-climatiche del luogo d'impiego, anche al fine di ottenere un'opportuna e mirata sperimentazione, per individuare, nell'ambito dei vari lavori, le caratteristiche genetiche (provenienza, varietà, cultivar, cloni brevettati, ecc.) ottimali, in funzione delle utilizzazioni specifiche. Inoltre, per ottenere l'ottimizzazione delle tecniche di moltiplicazione e d'allevamento, finalizzate sempre al soddisfacimento degli scopi prefissi, si è utilizzato materiale vivaistico esente da attacchi parassitari (in corso o passati) d'insetti, malattie crittogamiche, virus, altri patogeni, deformazioni e/o alterazioni di qualsiasi natura che potessero compromettere il regolare sviluppo vegetativo e il portamento tipico della specie, varietà e cultivar.

Questa tipologia di intervento, su siti di ex discarica così caratterizzati, ottengono, tra le altre cose, anche una protezione per il medio lungo periodo. Difatti il "phytocapping" garantisce un verde tecnologico con  copertura con i seguenti obiettivi: raggiungimento e mantenimento della stabilità geotecnica; regolazione dell'equilibrio idrico del sito con conseguente riduzione delle profonde infiltrazioni d'acqua; deterrente per abusi del sito con abbandoni o sversamenti di rifiuti ulteriori; ripristino di un habitat naturale nell'area. Inoltre, in ognuno dei casi citati, è stato sempre previsto un impianto di videosorveglianza con la finalità di documentare eventuali accessi abusivi sull'area, abbandoni di rifiuti o danneggiamenti alle recinzioni presenti sull'area. Il fattore comune presente in tutti questi casi è l'enorme risparmio economico dell'intervento e quindi l'ottimo rapporto costi benefici. Gli interventi citati hanno sostituito o integrato delle scelte progettuali differenti, sono oggetto di monitoraggio e verifica sia dal punto di vista ambientale che fitosociologico.

Anche in virtù dei su citati interventi, poiché molte delle discariche di competenza commissariale si trovano nella Regione Calabria, si è generato un documento specifico di indirizzo da parte dell'Arpa Calabria. In particolare, la continua interazione con le istituzioni regionali, ed in particolare con Arpacal (agenzia di protezione ambientale della Regione Calabria) ha determinato da parte della Direzione Scientifica del Centro Regionale Coordinamento Controlli Ambientali e Rischi dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Calabria stessa, la pubblicazione di importanti linee guida su "Indirizzi per gli interventi di copertura superficiale delle vecchie discariche dismesse".

Dove, sinteticamente si stabilisce che vi possono essere vari tipi di criticità (bassa, media o elevata), differenziando il relativo indirizzo tecnico di intervento, con specifiche rispetto alla tipologia di copertura da riporre sul vecchio corpo rifiuti.
Per cui, sarà sufficiente una copertura in terra (con conseguente gestione e manutenzione della copertura) nei casi di bassa criticità caratterizzati da assenza di falda, assenza di superamenti delle CSC, e in presenza di una stabilizzazione/inertizzazione del corpo rifiuti (conformità del test di cessione, assenza di percolato e biogas).

Nei casi di media criticità sarà invece prevista una copertura di fytocapping (terra insieme a vegetazione), laddove la media criticità, rispetto ai casi a bassa criticità è rappresentata alternativamente dalla presenza di uno dei fattori di rischio.

Quindi la presenza di falda nel sottosuolo della discarica ma senza superamenti di CSC, oppure l'assenza di falda ma con superamenti di CSC, comunque inferiori alle CSR, o ancora un basso grado di stabilizzazione dei rifiuti (presenza di percolato e/o di biogas, o non conformità dei test di cessione). Anche in questi tre possibili casi di media criticità, secondo le linee guida arpacal, bisogna avere la stabilizzazione/inertizzazione del corpo rifiuti (conformità del test di cessione, assenza dipercolato e biogas) e bisogna prevedere la gestione e la manutenzione della copertura con idonei monitoraggi.

Infine, vi sono i casi con elevata criticità, ai quali è associata la necessità di prevedere un capping di copertura con una superficie impermeabile. Tale soluzione viene attuata laddove si registra la presenza contaminazione nelle matrici ambientali, i percorsi attivi di lisciviazione in falda, un basso grado di stabilizzazione del corpo rifiuti.

La continua interazione fra enti pubblici e istituzioni, arricchita da esperienze comuni e da casi specifici, aiuta a sviluppare buone pratiche e sinergie collaborative sempre più performanti.
Il lungo percorso della regolarizzazione dei siti in infrazione europea continua a focalizzare diverse tematiche tecniche, procedurali, normative. Si sviluppano maggiori consapevolezze nel distinguere i casi ricercando le reali criticità e adeguando l'intervento secondo le reali ed effettive esigenze di salvaguardia sanitaria e ambientale, in un'ottica di sostenibilità economica, ambientale, sociale, urbanistica.




BIGLIOGRAFIA
Stefano Sassone - Vademecum dell'Ambiente - III edizione marzo 2018
F. Pascarella, E. Bartolucci, M. Fratini - Rapporto ISTISAN - ISPRA - edizione 2010
D. lgs. 152/2006 e s.m.i.
D. lgs. 36/2003
Clemente Migliorino, Ivan Meringolo - Direzione Scientifica Centro Regionale Coordinamento controlli ambienti e rischi - indirizzi per gli interventi di copertura superficiale delle vecchie discariche dismesse - ARPACAL - edizione marzo 2019
AA.VV. - Linee guida ISPRA "Indicazioni per la realizzazione delle coperture superficiali" - Gennaio 2017 (RT/SUO 2017/014)
AA.VV. - Documento Reconnet Tecniche di fitorimedio nella bonifica dei siti contaminati (2017, rev. O), disponibile all'indirizzo web: http://www.reconnet.net.