Rigore, Competenza e Passione

Con un nome che è una dichiarazione d’intenti Geos Environment, è una società campana che nasce nel 1987. Oggi una delle realtà più importanti in Italia che si occupa di tutela ambientale e di fornire soluzioni alle problematiche connesse all’ecologia. Abbiamo raggiunto nella sede operativa di Pastorano, l’Ing. Antonio Marotta, Direttore Generale della Geos Environment

Come nasce la Geos Environment?
Geos è una società nata nel 1987, ci siamo occupati fin da subito del trattamento di scarti industriali con il preciso intento di recuperare materia da reintrodurre sul mercato. L'obiettivo era fornire soluzioni concrete alle problematiche relative all'ecologia e alla tutela ambientale, da qui la necessità di riuscire a smaltire gli scarti industriali recuperando materia.
Tra i nostri primi clienti abbiamo avuto la FIAT con il proprio stabilimento di Cassino che all'epoca non era dotata di un ufficio ambiente. L'azienda nel corso del tempo è cresciuta e le attività di ingegneria e consulenza ci hanno portato ad ampliare l'organizzazione aziendale fino al nostro assetto attuale. Oggi, oltre a essere una società d'ingegneria ambientale, Geos è una vera e propria impresa operante nel settore della tutela ambientale, della bonifica dei siti contaminati e del recupero di energia da fonti alternative.
Siamo consulenti per molte aziende industriali di primaria importanza molte delle quali del settore alimentare come ad esempio Ferrero, Ferrarelle, Findus, dove alcuni nostri collaboratori operano direttamente all'interno degli stabilimenti per il controllo e la gestione dei rifiuti prodotti ai fini della loro riduzione e recupero di materia ab origine. Tutte queste aziende hanno in comune un'attenzione particolare per la tematica ambientale, la volontà precisa che il proprio nome venga associato ad un comportamento virtuoso e sostenibile dal punto di vista ambientale.

Geos non si occupa solo dell'ottimizzazione degli scarti industriali, ma anche di bonifiche ambientali.
Spesso veniamo contattati da Enti Pubblici e grandi aziende private per interventi di bonifica di siti contaminati e/o per la rimozione di passività ambientali, sorgenti inquinanti, etc. Nel caso della bonifica dei terreni operiamo seguendo precisi processi tecnologici ovvero le cosiddette BAT (Best Available Technologies) sempre nel pieno rispetto delle norme vigenti ed in particolare del Decreto Legislativo n°152 del 2006 che in particolare regola la materiale ambientale in tema di gestione rifiuti e bonifica dei siti contaminati.
Ovviamente per ogni singolo intervento Geos effettua un'attività preliminare di progettazione a mezzo del proprio ufficio tecnico in modo da garantire qualità e sicurezza in ogni fase operativa partendo dalle attività di caratterizzazione del sito fino ad arrivare alla certificazione di avvenuta bonifica con relativi riscontro tecnici e documentali (elaborati di progetto, analisi di laboratorio, FIR legati allo smaltimento, comunicazione e autorizzazione degli Enti di controllo coinvolti, documentazione fotografica, etc.).

Vi capita di operare anche bonifiche da amianto?
La rimozione dei materiali contenenti amianto (cosiddetto MCA) nelle diverse forme è una delle attività principali della Geos Environment. Molto spesso aziende private e Enti pubblici si trovano a dover gestire immobili e aree contaminate da MCA, frequentemente utilizzato fino agli inizi degli anni ‘90 per la realizzazione di svariate opere edili ed impiantistiche specie in ambito pubblico a tutela del rischio incendio. Per tale tipo di problematica ambientale Geos è fiera di annoverare tra i propri clienti aziende come Cassa Depositi e Prestiti, Poste Italiane, EGI, Intesa Sanpaolo, Telecom Italia, Prysmian e tante altre ancora.

Quanto è importante, data la complessità dell'argomento, la competenza degli operatori del settore?
È fondamentale! Abbiamo infatti bisogno di tecnici sempre più specializzati tenuto conto della muldisciplinarietà della materia. Tanto è vero che, proprio per questo motivo, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri in accordo con Enti specifici di certificazione come Accredia, ha definito apposite certificazioni di competenza tecnica specialistica post-laurea in modo da consentire di verificare l'idoneità dei soggetti ad operare nello specifico settore. Difatti, andiamo sempre più verso una micro-specializzazione culturale certificata. È necessario che chiunque affidi incarichi di progettazione, controllo, gestione di opere d'ingegneria ambientale sia certo delle effettive competenze degli operatori basate su studi ed esperienze specifiche. Oggi riscontriamo che con la crisi dell'edilizia molte imprese (ex edili) si sono rivolte al mercato dei lavori in ambito ambientale senza averne le dovute competenze con l'enorme rischio di produrre (come spesso capita) maggior danno all'ambiente.

A questo proposito. Quali sono le figure professionali che operano in Geos?
Attualmente Geos ha 49 dipendenti diretti oltre ad una serie di collaboratori esterni specializzati. Al proprio interno, dispone di tecnici qualificati: Ingegneri, architetti paesaggisti per le attività di recupero post-bonifica, biologi, chimici e tecnici laureati nelle diverse discipline delle scienze ambientali, oltre, ovviamente, ad altre competenze legate all'amministrazione societaria. Ognuno porta la sua competenza per risolvere tutti gli aspetti del singolo problema. Credo, infatti, che di questo abbia bisogno la questione Ambientale, nel senso più ampio del termine: riunire sempre diverse professionalità intorno ad un tavolo per considerare e valutare al meglio le soluzioni più efficaci e complete. E per fare ciò non basta essere solo ingegneri, geologi o chimici, economisti o avvocati.
Oltre ai propri dipendenti Geos raccoglie tra imprese e partner esterni un indotto di oltre 250 persone. Ci avvaliamo di altri professionisti specialisti e aziende qualificate esterne. Anche per quanto riguarda la parte di analisi chimiche di laboratorio su materiali, rifiuti ed altro - per nostra precisa scelta, ci avvaliamo di laboratori esterni altamente qualificati e debitamente accreditati in modo da essere totalmente indipendenti dalle risultanze analitiche. Siamo una società debitamente accreditata e iscritti all'albo gestori ambientali per la categoria 9 le bonifiche, per la 8 i servizi ambientali presso altre aziende, per la categoria 10 che è l'amianto e altre categorie che riguardano il mondo della gestione delle problematiche ambientali dove c'è un albo nazionale specifico.

Perché secondo lei ci sono tutti questi immobili che hanno bisogno di essere bonificati?
Negli anni 50-60 la priorità era produrre beni affinché la gente potesse stare meglio, e così è stato. Ovviamente non c'era nessuna consapevolezza rispetto all'idea dell'impatto ambientale. Mentre si costruivano case e automobili si inquinavano il terreno che c'era di fianco al cantiere o allo stabilimento.
Non c'erano le discariche, la prima legge che ha regolato le discariche controllate è stata il DPR 915 del 1982, prima di allora i rifiuti venivano sversati in aree liberamente adibite a discariche cosiddette "a cielo aperto".
Oggi gli enti si trovano ad avere a che fare con vecchie industrie, tipo l'Italsider di Bagnoli, Porto Marghera, Manfredonia ed altri siti che hanno dato tanto al paese in termini economici ma hanno anche impattato tanto sull'ecosistema con i danni che ancora oggi riscontriamo, se pur è vero che di fatto non vi era la coscienza dell'impatto ambientale che certe dinamiche avrebbero creato.
Abbiamo iniziato a prendere coscienza della necessità di tutelare l'ambiente verso la fine degli anni 70 inizio anni 80. Oggi i tempi sono cambiati e abbiamo il dovere di operare in tal senso. L'attenzione per l'ambiente deve essere una priorità per il sistema industriale. Da italiani non abbiamo nulla da invidiare ad altri Paesi. Dovremmo solo essere più attenti e più rigorosi nel rispettare le nostre stesse leggi.

Vi occupate direttamente delle bonifiche e dello smaltimento e del recupero dei rifiuti?
Come impresa ci occupiamo direttamente di lavori inerenti la bonifica di siti contaminati. Per quanto riguarda invece i servizi resi alle aziende per l'ottimizzazione dello smaltimento e il recupero dei rifiuti ci occupiamo della gestione dei servizi ambientali ovvero del waste management anche attraverso altre aziende specializzate. Di fatto, Geos, sin dalla sua nascita nel 1987, ha scelto di non avere impianti di smaltimento propri ne di automezzi dedicati al trasporto. Operando da sempre sull'intero territorio nazionale è oggettivamente più conveniente e avvalersi di più trasportatori autorizzati e impianti qualificati adatti alla singola esigenza e quanto più vicini al luogo di produzione in modo da ridurre al massimo i costi di gestione e l'impatto ambientale con le emissioni di CO2.
Credo che questo sia un modello che dovremmo adoperare su scala nazionale: evitare al massimo la movimentazione dei rifiuti oltre che la loro produzione. Per questo dovremmo creare dei compound industriali in modo che il rifiuto prodotto da un'azienda possa essere smaltito dall'azienda accanto. Eviteremo così l'impatto ambientale prodotto dal solo spostamento dei rifiuti. Ogni regione dovrebbe avere i propri impianti di trattamento e smaltimento rifiuti destinati al proprio fabbisogno, in modo da poter essere autonoma. Il problema dell'amianto, ad esempio, è generato dalla scarsità degli impianti per di smaltimento presenti in Italia che, di fatto, ci costringe a trasferire all'estero questo tipo di rifiuto con un evidente impatto negativo in termini economici e ambientale.

Tra le vostre partnership c'è quella con la società consortile Ecopneus. Quando nasce questa collaborazione?
Geos Environment è parte della rete Ecopneus si dalla sua attivazione nel settembre del 2011. Attualmente opera la raccolta dei Pneumatici Fuori Uso (cosiddetti PFU) sull'intero territorio della Regione Campania e, attraverso la società partecipata T-Cycle Industries, il recupero di materia da PFU nel proprio impianto di Teverola.
Oggi c'è un grande interesse da parte di tutti nel recuperare i pneumatici fuori uso e grazie alla tecnologia che utilizziamo siamo in grado di recuperarli al 100% attraverso il riutilizzo delle materie di cui sono costituiti ovvero: gomma, tela e acciaio; tre componenti, questi, altamente riciclabili sia in termini di recupero di materia sia come combustibile solido secondario.

Come parte di Ecopneus avete partecipato al protocollo per l'attuazione di interventi di prelievo e gestione degli pneumatici fuori uso abbandonati nei territori delle province di Napoli e Caserta.
Si abbiamo collaborato con Ecopneus per l'attuazione del cosiddetto protocollo "Terra dei Fuochi" che prevede un importante supporto ai Comuni delle provincie di Napoli e Caserta attraverso il ritiro e il recupero dei pneumatici fuori abbandonati che spesso rappresentano l'innesco a fenomeni d'incendio di altri rifiuti abbandonati. Da qui l'appellativo "terra dei fuochi" per il quale è necessario precisare che esso si riferisce ad un'area di pochi km quadrati tra le provincie di Napoli e Caserta e giammai ad aree molto vaste o finanche all'intero territorio regionale come spesso (talvolta strumentalmente) si lascia intendere.

È stato pubblicato, qualche mese fa, in Gazzetta il Decreto End of Waste sugli pneumatici fuori uso, un traguardo importante per questo settore.
Si, un traguardo davvero importante e il merito di tutto è stato in gran parte di Ecopneus. L'impegno profuso da parte di questo consorzio è stato infatti straordinario. Grazie all'End of Waste sul tema PFU è possibile definire il prodotto derivante dall'attività di recupero (Granulo di gomma vulcanizzata), attraverso precisi processi di trattamento, quale materia e non più rifiuto con importanti ricadute in termini di utilizzo dal punto di vista industriale e commerciale. Basta pensare che adesso, con il decreto End of Waste sui PFU, sarà finalmente possibile inserire nei tariffari ufficiali per la realizzazione di opere con prodotti realizzati con materiali provenienti dal recupero di PFU. Uno per tutti: il conglomerato bituminoso modificato per la realizzazione di manti stradali decisamente più sicuri e performanti.

Pensa che ci siano delle criticitànell'End of Waste, per come è stato scritto?
Non credo. L'iter è stato lungo e molti problemi che c'erano in origine sono stati risolti. Ci saranno sicuramente degli investimenti da fare per adeguare gli impianti esistenti alla norma e per le relative certificazioni di qualità e ciò determinerà un ritardo della produzione a larga scala di prodotti di qualità certificata ma il solco è ormai tracciato e non potremo che migliorarci nella produzione e nel riutilizzo di un materiale da recupero che da troppo tempo chiede di essere considerato al pari di come avviene in molti paesi in Europa e in altri Paesi industrializzati del mondo. 

 

T-Cycle, orgogliosamente campani 

 L’impianto di frantumazione di PFU T-Cycle si trova a Teverola (CE), a pochi chilometri dalla Geos Environment. Rilevata da una società in fallimento T-Cycle, grazie ad una gestione attenta e ad un importante investimento tecnologico, è oggi un’azienda solida e tecnologicamente all’avanguardia che mette al primo posto il rispetto dell’ambiente. Uno dei vantaggi che l’organizzazione consortile Ecopneus ha portato è stato garantire agli impianti di riciclaggio un flusso costante di materia da lavorare. T-Cycle, l’impianto di frantumazione e recupero dei PFU, è l’esempio di come un impianto gestito correttamente e inserito in un sistema virtuoso possa generare profitto contribuendo a salvaguardare l’ambiente. Guidati dall’Ing. Florindo De Cristofaro, Responsabile dell’impianto, abbiamo avuto l’occasione di seguire l’intero processo di riciclo degli pneumatici, dal loro arrivo fino alla realizzazione della materia prima seconda. A Teverola vengono lavorati pneumatici di varie dimensioni: piccoli, medi e grandi. Vengono trattati anche gli pneumatici giganti delle macchine movimento terra che prima di essere immessi alla triturazione vengono cesoiati. 

Tutto inizia con l’arrivo dei camion all’interno dello stabilimento. Una volta arrivato il carico viene pesato e si procede con la compilazione del formulario di identificazione dei rifiuti (FIR) con lo stoccaggio. Grazie alle direttive contenute nell’End of Waste, T-Cycle prevede l’aggiunta di un’altra area esterna che sarà dedicata al sistema di lavaggio degli pneumatici. Ad ogni modo quello che oggi viene lavorato è già stato selezionato per verificare l’eventuale presenza di corpi estranei, all’interno degli pneumatici, in grado di danneggiare i macchinari. 
I PFU che arrivano vengono lavorati a seconda delle richieste di Ecopneus, e del mercato, per ottenere materia prima seconda o per essere destinati al recupero energetico.   

Nello stabilimento sono presenti due trituratori primari uno posto all’esterno deputato principalmente alla produzione di ciabattato e uno interno che porta alla trasformazione in materia prima seconda. 
L’impianto fisso esterno si occupa di produrre il ciabattato per il recupero energetico, gli pneumatici vengono sollevati con una pinza a polipo e rilasciati su un nastro inclinato di immissione alla triturazione primaria. 
In questa fase si procede semplicemente ad una riduzione volumetrica del pneumatico fino ad arrivare a pezzi da 10-15 cm che prendono il nome di ciabattato. Il ciabattato è ancora un rifiuto, in quanto è ancora presente al suo interno la tela e l’acciaio armonico.
Grazie all’eccezionale potere calorifico, equivalente a quello del pet coke o del carbone, viene utilizzato come combustibile da cementifici, centrali termoelettriche, cartiere ecc. 
Rispetto alla linea fissa interna che ha bisogno di un vaglio questa macchina esterna ha delle griglie fisse, 10x10 cm, che riducono direttamente gli pneumatici fino a raggiungere la pezzatura voluta. I due rotori presenti girando prendono direttamente i PFU e continuano a macinare finché le griglie non fanno passare i pezzi delle dimensioni richieste.

Spostandoci all’interno dello stabilimento troviamo il secondo impianto di triturazione primaria fondamentale per gli altri processi. La prima cosa che notiamo entrando nell’impianto è la quasi totale assenza di polvere. L’impianto infatti è stato dotati dei più moderni sistemi di aspirazione e filtrazione, questi sistemi collegati alle macchine lo rendono di fatto a “zero emissioni” il che vuol dire che nell’aria non vengono rilasciate polveri, nel totale rispetto dell’ambiente e dei lavoratori.  
I filtri prelevati e smaltiti contengono polverini utilizzabili in manufatti come piastre antishock e asfalti.

Nella seconda fase si passa alla granulazione dove oltre a ridurre volumetricamente il ciabattato lo si libera dalla tela e dall’acciaio che contiene ottenendo il granulo. Il granulo ha una dimensione di 8-20 mm. Questa dimensione è garantita dal vaglio che lascia cadere i pezzi idonei su un nastro. Quelli con una pezzatura non idonea vengono rimessi dal nastro di ritorno all’interno del trituratore dove i due rotori con le lame li lavorano. Il processo si ripete finché non viene raggiunta la pezzatura ottimale richiesta.  
Grazie ad un sistema di nastri magnetici l’acciaio viene catturato aspirato e trasportato pneumaticamente per essere stoccato in un’area esterna e poi rivenduto. Nulla viene sprecato, tutto viene sapientemente recuperato per essere rimesso in circolo e avere una seconda vita. Lo stesso discorso vale per la tela.
Il granulo prodotto dalla macchina viene aspirato e trasportato pneumaticamente in un cilindro dove una tavola vibrante inizia a selezionare il granulo nelle varie pezzature tirando fuori la tela che viene catturata dal sistema di aspirazione e depositata in dei filtri a manico. Grazie ad una cernitrice magnetica gli ultimi residui di ferro vengono estratti mentre il rotovaglio si assicura che anche la più piccola quantità di tela venga rimossa. Il granulo ormai completamente libero da tela e acciaio viene trasportato in una tramoggia dove un vibrovaglio circolare con una serie di griglie ne riduce la dimensione producendo granulo fino. Le uscite della macchina consentono di produrre 2-4, 1-2 e 0,2-1 mm (polverino). 

Tutto il processo è controllato da diversi PLC, sistemi software che monitorano le macchine, stoppando l’alimentazione dei trituratori quando una determinata soglia amperometrica viene raggiunta. Il software oltre a rilevare le soglie amperometriche, stabilisce le sequenze, rileva le temperature e qualsiasi tipo di problema. Le celle di carico, ad esempio, stabiliscono che arrivati a 1200 chili si fermi la triturazione e in automatico si passi alla granulazione secondaria, mentre le sonde monitorano la temperatura. Il sistema regola il flusso per ottimizzare i costi energetici e i rischi di incendio che sono elevati. “Nel momento in cui abbiamo ereditato lo stabilimento abbiamo fatto un grosso investimento per renderlo 4.0”, precisa l’Ing. De Cristofaro. 
T-Cycle svolge anche attività di ricerca, nel suo laboratorio il granulo ottenuto dalla triturazione viene utilizzato per la creazione di numerosi manufatti: piastre antishock; pannelli fono-assorbenti per pareti; tappeti per i parchi gioco e tanto altro. 
Orgogliosamente campana, anche nella scelta di alcuni fornitori tecnologici, partendo da uno stabilimento in fallimento sono stati in grado, grazie a una gestione attenta, di creare un’azienda sana, moderna e rispettosa dell’ambiente.