We have a dream

Abbiamo visitato la piattaforma di preparazione di Geocycle (Italia) srl, ubicata a Tradate (VA) e autorizzata a trattare 27.500 ton/anno di rifiuti liquidi pericolosi. Un vero gioiello in termini di sicurezza, frutto di costanti investimenti che rendono la controllata di Holcim (Italia) SpA top player nelle soluzioni di recupero energia e materia, sia in Italia che all'estero. Importati novità e nuove sfide ne delineano il futuro


Ricorre quest'anno il cinquantennale dell'assassinio di Martin Luther King, uomo simbolo della lotta per i diritti civili, passato alla storia per il suo celebre discorso il cui incipit risuona spesso nella mente di molti, grazie all'emblematico: "We have a dream", "Noi abbiamo un sogno". Sogno di ampio respiro quello di Martin Luther King, in grado di cambiare le sorti di milioni di persone e il corso di una nazione intera. Sogno di tutt'altra natura ma di altrettanta importanza (ambientale, sociale ed economica) quello che contraddistingue la mission di Geocycle (Italia) Srl, società controllata al 100% di Holcim (Italia) SpA attiva, da oltre 30 anni, nella gestione sostenibile e responsabile dei rifiuti, tanto che è stata tra i pionieri nell'implementazione dei principi della circular economy, proponendo soluzioni intelligenti e innovative per valorizzare i rifiuti e i residui produttivi, garantendone il corretto recupero nei cementifici del Gruppo LafargeHolcim, leader mondiale nella fornitura di materiali e soluzioni per l'edilizia.
L'applicazione dei più alti standard di sicurezza è condizione imprescindibile in Geocycle, specialmente a Tradate, in provincia di Varese, dove esiste da 30 anni una piattaforma di trattamento combustibili alternativi dedicata ai rifiuti pericolosi e non, in particolare rifiuti liquidi e solventi esausti che Geocycle ritira da tutto il mercato italiano (dal polo farmaceutico di Pomezia in su) e in quantità ingente dalle industrie del Nord Italia, con Lombardia e Piemonte a far la parte del leone. Questi materiali a Tradate vengono controllati, analizzati e portati a titolo per essere poi impiegati come combustibile alternativo nei cementifici del Gruppo, sia in Italia in quello di Ternate, che all'estero. Come ci illustra Marco Turri, Sales and Marketing Manager di Geocycle (Italia) srl: "l'impianto di Tradate è autorizzato a trattare 27.500 ton/anno di rifiuti liquidi pericolosi, ossia solventi, acque contaminate, oli ed emulsioni, anche se in realtà ad oggi non sfruttiamo completamente questa autorizzazione ma siamo sulle 20.000 ton/anno, in crescita rispetto agli anni precedenti. Da Tradate - prosegue - seguiamo tutti i flussi di materiali, quindi solventi, fanghi essiccati, CSS e PFU, diretti sia verso il cementificio di Ternate, sia verso i cementifici esteri del Gruppo".
Ma il vero vanto di Geocycle (Italia) srl è costituito dalla piattaforma di preparazione e dal suo altissimo livello di sicurezza che, unito alla sua perfetta gestione, hanno fatto sì che quest'anno venisse raggiunto il traguardo dei 26 anni senza incidenti. Un obiettivo primario, quello di avere Zero Infortuni, condiviso e spinto da tutto il Gruppo LafargeHolcim, per il quale salute e sicurezza, da sempre, vengono prima di qualsiasi altro obiettivo.
Ma come funziona questa piattaforma nel dettaglio?
Bruno Bisi, storico direttore tecnico dell'impianto ci spiega che: "Prima di ricevere i materiali questi vengono omologati e verificati secondo quanto previsto dalla legge, poi arriva fisicamente l'autocisterna a Tradate, viene pesata e ne viene analizzato il materiale presente al suo interno. Tramite una grande scala che viene fatta combaciare perfettamente alla cisterna, quindi senza utilizzare la passerella del mezzo, un operatore sale per campionare dall'alto, ma in sicurezza, il materiale: con una lunga asta viene prelevato un campione tale da essere rappresentativo dell'intero volume della cisterna e fatto analizzare presso il nostro laboratorio per ricavare i valori legati al suo potere calorifero, agli alogeni totali, acqua, pH, radioattività, ceneri e soprattutto viene effettuato il test di compatibilità che, insieme ai valori analitici è quello che risulta fondamentale per evitare problemi di polimerizzazione o reazioni esotermiche una volta che il liquido viene miscelato con quanto è già contenuto nei nostri serbatoi. Anzi - continua Bisi - determinare la compatibilità fra le varie sostanze presenti nei serbatoi è di nodale e vitale importanza, sia a livello di sicurezza che a livello di qualità di prodotto finale, in quanto Geocycle (Italia) srl non deve solo rispettare i limiti in accettazione dettati dalla sua AIA- Autorizzazione Integrata Ambientale, ma deve rispettare i limiti tecnici imposti da LafargeHolcim che deve poter poi impiegare il materiale nei suoi cementifici: va da sé che non possiamo consegnare materiali con il rischio che questi portino poi a fluttuazioni qualitative del processo. I nostri standard - specifica - dipendono, quindi, dagli standard del cementificio di Ternate e dei cementifici svizzeri e francesi verso i quali esportiamo i solventi, anche se, potendo miscelare ed equalizzare i vari liquidi che trattiamo riusciamo sempre a garantire un prodotto in uscita dalla qualità pressoché costante".
Come ben si può evincere, scegliere in quale serbatoio far scaricare l'autocisterna è basilare per poter portare a titolo un rifiuto. In piattaforma sono presenti 10 serbatoi, suddivisi in tre isole che costituiscono altrettanti punti di carico e scarico, tutti controllati da un sistema computerizzato PLC, diviso per bacini e in grado di monitorare temperatura inferiore e superiore del serbatoio, mc contenuti, miscelazioni effettuate, eventuali anomalie e molto altro, sempre all'insegna della sicurezza (il responsabile di piattaforma può vedere tutto quello che accade in tempo reale, potendo scegliere anche in quale serbatoio far scaricare l'autocisterna) e degli automatismi (due sono i livelli di sicurezza in riempimento, ossia il massimo e l'extramassimo, raggiunto il quale le pompe si bloccano per evitare sversamenti e tracimazioni).
Ma la sicurezza, oltre al filtro a carboni attivi e alla colonna di condensazione per l'abbattimento delle emissioni gassose, sta soprattutto nel sistema antincendio dedicato per ogni sezione dell'impianto.
Come ci mostra ancora Bisi: "Ogni serbatoio inertizzato in azoto, tale da poter contenere liquidi infiammabili, monta alla sua sommità un anello di raffreddamento che, nel caso in cui dovesse accadere un problema in una parte dell'impianto, questo entrerebbe in funzione per mantenere freddo il serbatoio e scongiurare l'effetto domino. In più - continua - all'interno di ogni bacino in cui sono contenuti i serbatoi sono presenti dei cavi termosensibili che in caso di incendio, fondendosi, farebbero azionare in automatico i cannoni a schiuma a media espansione che insieme all'acqua isolerebbero il serbatoio. Questo sistema - specifica - è presente nei bacini di contenimento, nella zona di carico e scarico automezzi e nella zona pompe, vero cuore della sicurezza dell'impianto. Realizzata tra il 2010 e il 2011 la sala pompe - evidenzia - attinge ad una vasca di raccolta da 400 mc di acqua posta sotto la sala con alimentazione diretta della rete industriale con pompe divise per coppie di serbatoi, in più ha al suo interno il reparto schiuma con serbatoio dedicato e due pompe diesel che, in caso di necessità, si azionerebbero sfalsate. Due volte all'anno questa sala viene verificata a norma di legge ma tutte le settimane testiamo la prova di accensione pompe che devono essere sempre funzionanti, anche se speriamo, ovviamente, che continuino a non entrare mai in funzione".
Oltre a queste, nel perimetro dell'impianto vi sono anche impianti non automatici costituiti da tre cannoni con fusti a schiuma e colonnine di acqua. Le misure di sicurezza, però, non terminano qui: tutti e tre i bacini, è bene precisarlo, sono ovviamente zone Atex con pompe e parte elettrica in antideflagrante, mentre il magazzino infiammabili (contenete quel 5% di materiale che non viene ritirato in cisterna ma che arriva a Tradate stoccato in piccoli fusti prima di essere anch'essi analizzati e miscelati nei serbatoi) è dotato di protezioni a schiuma, rilevatori fumo e due telecamere a infrarossi, aerazione a effetto camino basso/ alto e aerazione forzata che va direttamente al filtro carboni attivi, qualora vi fosse necessità.
A ulteriore sicurezza dell'intero impianto un sistema antintrusione dotato di videocamere collegate direttamente alla vigilanza e rilevatori volumetrici sparsi in giro.
Se questo è l'assetto della piattaforma oggi, da domani Geocycle (Italia) srl e l'impianto di Tradate potranno essere ancora più performanti. Gli attuali 5550 mq verranno ampliati di altri 1100 mq, destinati ad ospitare, da novembre 2018, i nuovi uffici trading e soprattutto il nuovo laboratorio che, grazie alle misurazioni con Gas Massa e fluorescenza a raggi X (XRF), potrà effettuare le analisi in modo ancora più veloce, completo e preciso. Ma soprattutto, come pone in luce Marco Turri: "non sarà soltanto un laboratorio di prove chimiche, come è ora, ma sarà anche, dal 2019, un laboratorio di prove fisiche in grado di omologare tutti i materiali AFR, Alternative Fuels and Raw Materials, per Svizzera e Italia, con il grande sogno di poter realizzare a Tradate tutte le omologhe di tutti i materiali e certificare così il laboratorio per conferire i rifiuti all'estero".
Rifiuti utilizzati come combustibile alternativo che, come sottolinea Turri: "provengono oltre che dai solventi, anche dai fanghi essiccati ritirati dai depuratori civili, dal CSS - combustibile solido secondario derivato dalla lavorazione dei rifiuti urbani non pericolosi e speciali non pericolosi, proveniente da tutta Italia grazie alla partnership col consorzio Corepla e dai PFU - pneumatici fuori uso che possiamo ritirare fino a pezzature di 5 cm coordinandoci con le varie associazioni e importando piccoli quantitativi dalla Svizzera, vicina fisicamente. Oltre al recupero di energia - sottolinea - questi prodotti rendono possibile anche il recupero di materia, vale a dire che, ad esempio, il PFU ha al suo interno una parte di acciaio armonico, il fango da depurazione ha moltissimo inerte, il calco di fusione in ghisa contiene silice, le scaglie di laminazione contengono ferro, ossia tutte sostanze che andrebbero prese ex novo e aggiunte nel processo di produzione del clinker e che invece, se ricavate dai combustibili alternativi, limitano il consumo di materia prima. All'anno - precisa - riusciamo a fare 50/60.000 ton di recupero di materia puro che, se paragonate al milione di ton di materia prima che viene impiegata a Ternate, lascia ampio margine all'aumentare non solo i quantitativi ma anche i flussi stessi di materiali potenzialmente nuovi e sostenibili dal punto di vista chimico e dell'apporto di materia, per sognare, così un futuro a limitato consumo di materia prima, un futuro davvero a zero waste".