Waste To Fuel: come trasformare i rifiuti in nuova energia

Eni Syndial ha avviato nel dicembre 2018, all'interno della Raffineria di Gela (CL), l'impianto pilota per testare la tecnologia proprietaria Eni Waste to Fuel che consente la trasformazione dei rifiuti organici urbani in bio olio e bio metano, recuperando anche il loro naturale contenuto in acqua

Lo smaltimento dei rifiuti è ormai da tempo un argomento di grande attualità in Italia e, soprattutto negli ultimi anni, sono stati numerosi i tentativi di trovare una soluzione a questo "problema" per trasformare i rifiuti in risorsa.
La nuova iniziativa di Syndial, società ambientale di Eni impegnata nelle attività di risanamento ambientale e nella gestione delle acque e dei rifiuti in ottica circolare, è relativa proprio a questa esigenza e permetterà di offrire una nuova soluzione ancora più sostenibile per lo smaltimento dei rifiuti, producendo biocarburanti a partire dai rifiuti organici.

All'interno del sito della Raffineria di Gela (CL), nata il secolo scorso e ora pronta ad avviare i nuovi motori della Bioraffineria, è stato avviato questo tipo di sperimentazione che vede lo stabilimento siciliano di nuovo attivo ma in versione "green". La messa in esercizio dell'impianto rappresenta il primo importante traguardo di un percorso nato dalla ricerca di Eni che, con ben 6 brevetti, ha messo a punto la tecnologia "Waste to Fuel", sperimentandola prima nei laboratori del Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l'Ambiente di Novara e poi nell'impianto pilota di Gela.
Si tratta di un innovativo processo produttivo che permette di valorizzare la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) trasformandola in un bio olio che può essere impiegato come carburante per le navi oppure utilizzato, dopo un successivo stadio di raffinazione, per produrre carburanti di nuova generazione.

Come funziona il processo?
L'applicazione della tecnologia "Waste to Fuel" consente di replicare in poche ore, in un impianto industriale a basso impatto ambientale, un processo che la natura compie in milioni di anni, cioè trasformare le biomasse in energia. Come? Mediante un ciclo che può essere suddiviso in quattro fasi:
• pretrattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani con la rimozione dei componenti estranei che derivano dagli errori del cittadino nella raccolta differenziata e, a seguire, omogeneizzazione e macinazione;
• termoliquefazione, ossia la conversione termochimica della biomassa in presenza di una fase liquida, ovvero l'acqua contenuta nel rifiuto umido. I ricercatori Eni, fornendo calore e pressione, riescono a controllare e ad accelerare questa trasformazione che consente di ottenere, in poche ore, bio olio;
• separazione dei prodotti (gas, bio olio, acqua);
• valorizzazione dei prodotti ottenuti attraverso la vendita del bio olio a uso navale o ulteriore raffinazione.
Da 100 kg di FORSU si possono ottenere fino a 14 kg di bio olio, recuperando e concentrando fino all'80% del contenuto energetico della materia organica di partenza. Si riesce ad avere così circa il 14% di bio olio, l'1% di bio metano, il 70% di acqua, il 6% di gas (di cui 95% CO2) e il 9% di residuo solido che viene destinato a recupero energetico. La resa del bio olio e delle altre componenti ottenibili dal processo possono variare a seconda delle caratteristiche del rifiuto organico (ad esempio: in base alle abitudini alimentari e alla stagionalità).

I vantaggi ottenuti dall'impiego di questa tecnologia sono davvero tanti; basti pensare al tempo di trattamento di poche ore rispetto ai giorni impiegati per produrre biogas e mesi per il compost, ma anche al minore impatto ambientale in termini di emissioni di CO2.
Il processo produttivo Waste to Fuel genera 30 kg di CO2 per ogni 1000 kg di rifiuto organico trattato rispetto ai 110 kg del compostaggio e ai 140 kg del biogas).
Va anche sottolineato che l'impianto non è un inceneritore: non si ha alcuna combustione ma una conversione termochimica e quindi condizioni di trattamento più blande (con temperature di 300°C) rispetto ad altri processi termici quali la gassificazione (800-1000°C) o la pirolisi (400-500°C), pertanto non si producono sostanze o gas pericolosi.

Altri aspetti distintivi del Waste to Fuel riguardano:
• limitate quantità di residui da smaltire;
• minima occupazione di spazi (<0,3 m2/t) rispetto ai normali
impianti di biogas e compostaggio.


Una filiera produttiva sostenibile che concretizza i principi dell'economia circolare
Come si può dedurre da tutti i dati tecnici forniti dal Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l'Ambiente di Novara, questo sistema è in grado di generare complessivamente grandi vantaggi per la collettività contribuendo alla crescita sostenibile del territorio in cui opera, innescando un circolo virtuoso di responsabilizzazione sul corretto svolgimento della raccolta differenziata lungo tutta la filiera di produzione: dalle società titolari dei centri di raccolta, alla municipalità, fino ad arrivare ai singoli utenti.

Eni, attraverso la sua società ambientale Syndial, da tempo si è dimostrata attenta all'economia circolare: i suoi pilastri strategici riguardano proprio l'impiego di materie prime sostenibili, il recupero di materie prime da prodotti di scarto, il riutilizzo di acque e suolo e la conversione di biomasse, tutto questo per dare nuova vita ad asset e terreni, tanto che l'impianto pilota di Gela ne è esempio lampante.
La circolarità, d'altronde, è una leva di sviluppo fondamentale per l'azienda del "Cane a sei zampe" che può posizionarsi sul mercato in un'ottica green e al contempo risolvere un problema per la comunità.

A confermarci l'impegno di Syndial in questo senso è lo stesso Amministratore Delegato, Paolo Grossi: "Per la realizzazione e la messa in esercizio dell'impianto pilota di Gela, che riceve i rifiuti organici/umidi dalla SRR di Ragusa, sono stati investiti oltre 3 milioni di euro. Il nostro obiettivo - ha continuato - è quello di produrre biocarburanti su scala industriale, ovvero in impianti con capacità di circa 150 mila/tons annue che possono trattare una carica FORSU prodotta da 1,5 milioni di abitanti equivalenti. Quello di Gela è solo il primo di una serie di impianti che vorremmo avviare in Italia. Grazie alla fase pilota si potranno analizzare i dati forniti dall'impianto già in funzione, eseguire test sul funzionamento dell'intero processo, verificare l'affidabilità delle apparecchiature selezionate, nonché i parametri fisici del bio olio prodotto".

Eni ha posto così un altro importante pilastro di una strategia improntata al modello integrato di economia circolare che la porterà a realizzare, grazie alla tecnologia Waste to Fuel, un processo produttivo sempre più sostenibile e innovativo riutilizzando una grande quantità di rifiuti organici e fornendo un significativo contributo in termini di vantaggi ambientali alle piccole e grandi città, oltre che contribuire alla soluzione di una problematica di grande interesse pubblico.