Siccità fa rima con calamità

Se l'umanità vuole continuare il suo cammino sul pianeta Terra, deve rispettare e fare buon uso delle risorse idriche che le sono messe a disposizione, in quanto sono strategiche per la sua sopravvivenza


Purtroppo, ogni anno che passa, i problemi che s'incontrano per distribuire l'acqua all'utenza diventano più gravosi; con il trascorrere del tempo, ci si rende conto che le stagioni contrassegnate dalla siccità, abbinata alle alte temperature (il tutto da addebitare al riscaldamento globale), diventano sempre più frequenti e che anche l'Italia non è esente dal gravoso fenomeno. La distribuzione delle piogge durante l'anno si è andata diradando a favore di lunghissimi periodi di siccità, cui spesso fanno seguito acquazzoni torrenziali (ormai è entrato nel linguaggio comune il termine "bombe d'acqua"), che non danno il tempo al suolo di imbibirsi e agli insufficienti bacini di raccolta di riempirsi. Così, l'acqua sfugge a ogni controllo; spesso rovina e distrugge tutto quanto incontra nella sua disastrosa corsa; dilava la superficie del suolo, non di rado indifeso per la distruzione dei boschi e delle foreste, oppure scivola via, scorrendo rapidamente sulle opere poco prudentemente costruite dall'uomo, e sul suolo impermeabile, impedendone l'assorbimento e vanificando il ravvenamento delle falde acquifere sotterranee.
Pertanto, le conseguenze di tali situazioni sono sotto gli occhi di tutti, caratterizzate dall'impoverimento delle riserve idriche dei bacini alpini, dall'abbassamento del livello dei fiumi, dall'interrimento delle falde freatiche e artesiane; il tutto attivando talora la necessità di cercare acqua con trivellazioni a profondità sempre maggiori, andando a disturbare quelle riserve da tempi geologici gelosamente conservate negli strati profondi della litosfera.
Se pioverà, ancora una volta la situazione sarà per ora rimediata, mettendo pezza su pezza; confidando in una pioggia non torrenziale che conceda di rimpinguare le riserve e non travolga rovinosamente tutto quanto incontra nel suo dilavamento superficiale. è necessario, dunque, adoperarsi per porre fine al ripetersi di queste pesanti situazioni in continua crescita, anche perché, le variazioni climatiche, mettono in seria difficoltà la sopravvivenza della vita sulla Terra.
Con ogni anno che passa, si accrescono i consumi, a causa del moltiplicarsi degli allevamenti animali intensivi, delle zone industriali e residenziali, del soddisfacimento delle esigenze sempre più spinte dell'agricoltura e, ad ultimo, ma non certo per importanza, l'abnorme incremento demografico. La crescita della popolazione e le sue richieste di benessere sono la causa scatenante della pressione industriale necessaria per soddisfarle, contribuendo a un enorme consumo di acqua che, dovendo - come dovrebbe essere - recuperarla e riusarla dopo la sua partecipazione ai vari processi, bisogna provvedere alla suo depurazione.
In definitiva, mentre la disponibilità idrica rimane costante, o tende magari a diminuire, al contrario ciò che cresce è la domanda. Non si deve, tuttavia, colpevolizzare la scarsità di piogge, al fine di giustificare la siccità che sempre più spesso colpisce la campagna; se c'è un complice, questo è individuato nella cattiva gestione delle acque pubbliche, tanto che, in molte zone della Penisola, l'acqua deve essere drasticamente razionata per lunghi periodi durante il corso dell'anno.
E' una situazione che preoccupa l'agricoltura, grande succhiatrice del prezioso liquido, l'industria che, per i suoi processi, fatica spesso a soddisfare la sua sete e le persone, perché le forniture tendono a calare anno per anno. Sicuramente, è una situazione che, dal carattere iniziale di emergenza, è passata a quello di pesantemente definitivo della carenza idrica che, forse, finalmente inizia a far ragionare sul come cercare di consumare meno acqua, cominciando ad annullare, per quanto possibile, gli inutili sprechi.
Siccome le estati tendono a divenire più calde e meno piovose, chi ne soffre è la disponibilità di acqua per la gente. D'accordo, si riesce ancora a disporre di una buona quantità di litri di acqua al giorno per persona: si parla di un volume compreso fra 150 e 240 litri, con l'eccezione di Agrigento, dove si abbassa fino a 100 litri; ma questa è un'altra storia, perché tale contrazione volumetrica si deve solamente alle interruzioni nell'erogazione; però, le cose possono precipitare rapidamente, per cui è opportuno che tutti insieme ci si dia una regolata, perché alla ricchezza di oggi si può sostituire una situazione con scarse vie d'uscita. E' meglio pensarci ora, finché si è in tempo, perché..."di doman non c'è certezza"!
L'abitudine di non fare un buon uso dell'acqua, ma di abusarne per lavare l'auto, per annaffiare giardini e prati, e per altre attività non indispensabili deve lasciare il posto a un consumo ragionato e utile, senza indulgere a sprechi di sorta.
Senza dubbio, nelle famiglie le cose potrebbero migliorare con una differenziazione della qualità dell'acqua in base agli usi cui è destinata. Si potrebbe raccogliere in bidoni acqua piovana (sempre che piova...), che, tra l'altro, è meglio indicata per certe specie di piante. Lavarsi, facendo la doccia piuttosto che il bagno in vasca, con una riduzione del consumo pari a due o tre volte. Così, come chiudere il rubinetto durante l'insaponatura del corpo o il lavaggio dei denti. Lavatrici e lavastoviglie dovrebbero funzionare solo a pieno carico. Lavare la verdura non sotto l'acqua corrente è un altro risparmio, per esempio. Perché, invero, con questi e altri accorgimenti si può ridurre il consumo di acqua (qualcuno parla di oltre cento litri a persona al giorno) con il conseguente riscontro positivo anche sulla bolletta. Tutte queste sono considerazioni a carattere familiare e personale.
Che dire, piuttosto, delle perdite di acqua che si verificano lungo il tragitto dalla fonte all'utenza, che sono valutate attorno a un 40%, come media nazionale? Infatti, secondo l'ISTAT la rete idrica italiana perde mediamente il 37,4% dell'acqua che scorre nelle vecchie tubature degli acquedotti. L'Istituto chiarisce che la perdita è calcolata come differenza tra il volume di acqua immesso in rete alla fonte e quella che risulta effettivamente fatturata dai gestori. Ciò significa che il liquido perso nel tragitto tra fonte e utenza è la differenza fra quello che veramente risulta perso per falle e rotture varie, e quello che segue strade un po' distorte (uso senza contatore, emungimenti abusivi, errori di fatturazione o altro ancora). Qualunque siano le motivazioni, il risultato è quello che l'ISTAT ha comunicato, e non è certo elemento di consolazione. E comunque parere dell'ISTAT che le perdite siano destinate ad aumentare, sia perché la manutenzione è ridotta, sia perché sono latitanti gli investimenti pubblici sulla rete idrica, anche a seguito del "sì" al referendum di tre anni fa, che ha messo il problema in attesa dei necessari cambiamenti.
Forse è proprio questa una delle ragioni principali che fanno lievitare i costi che i cittadini devono affrontare per soddisfare i loro bisogni idrici. C'è qualcuno che si è preso la briga di indagare per capire dove maggiormente si evidenziano le perdite "di percorso": in certe città le perdite arrivano al 65-70% del totale, il che significa che è più l'acqua che va dispersa di quella che giunge all'utenza. Comunque, quell'acqua che arriva alla méta spesso è usata in modo inadeguato, per cui si potrebbe dire che essa è proprio buttata via, senza alcun rispetto... offendendo, inoltre, coloro che quotidianamente soffrono o muoiono, in parecchie parti del mondo, per la sua mancanza.
A parte la quantità enorme di acqua che si perde lungo la via che collega le fonti all'utenza, chi è che maggiormente "mangia" questa ricchezza della natura? Non c'è ombra di dubbio che il consumo più grosso si debba attribuire all'agricoltura. In Italia, ben il 60% dell'acqua disponibile (si parla di 56 miliardi di metri cubi l'anno) finisce proprio lì, sui campi, e anche in questo caso ci si dimostra meno oculati degli altri Paesi dell'Unione Europea, i quali mediamente ne utilizzano in campagna solamente - si fa per dire - il 30%, dato sconsolante anche questo, ma, se si vuole e se può rincuorare, è sconsolante alla metà.
In verità, risulta che in campagna le coltivazioni e gli allevamenti hanno subito variazioni per le quali la domanda di acqua si è moltiplicata; per esempio, la coltura di un chilogrammo di mais richiede 900 litri d'acqua, mentre per un chilogrammo di grano ne occorrono 3000 e 3400 per un chilogrammo di riso; 3900 litri sono necessari per produrre un chilogrammo di pollo, 6000 per un chilogrammo di suino e 15000 per uno di bovino. Statisticamente, sono l'agricoltura e l'industria le attività che maggiormente assorbono il consumo d'acqua.
Se da una parte è indispensabile individuare colture o processi che abbiano bisogno di minore quantità del prezioso liquido, dall'altra occorre che la rete idrica non sia più un colabrodo, ma che sia messa in condizioni tali da portare all'utenza la maggior quantità possibile di quella erogata alla fonte.
Come porre riparo alle difficoltà dovute alla carenza di acqua?
Sicuramente, le formazioni geologiche del sottosuolo sono un'importante riserva idrica, alla quale rivolgersi nei momenti non solo di siccità, che può essere dovuta alla mancanza di pioggia per lunghi periodi, ma anche in caso di carenza idrica, che si verifica quando la disponibilità di risorse sostenibili risulta criticamente inferiore alla domanda. Ebbene, l'opinione predominante attualmente è proprio questa, cioè che la domanda di acqua non possa essere soddisfatta dall'offerta, o che si sia al limite. Considerata, però, la difficoltà oggettiva di giungere a un difficile arricchimento dei depositi idrici sotterranei da parte delle piogge e delle nevi, è utile pensare di attuarne artificialmente un ravvenamento, immettendovi acqua di fiumi e torrenti in piena, senza attendere che la ristrettezza governi.
La soluzione rappresentata dalla desalinizzazione dell'acqua di mare può essere di nicchia, poiché si tratta di un processo molto energivoro, e, pertanto, molto costoso; può essere valida in quelle isole nelle quali l'acqua dolce, non essendoci bacini imbriferi da cui approvvigionarsi, può essere trasportata unicamente da navi. In ogni caso, non c'è di meglio che l'uso di invasi e bacini in cui incanalare l'acqua derivante dalle piogge e dallo scioglimento delle nevi per i tempi grami. Come riportato più sopra, si è detto che i bacini sono pochi e magari molti sono inadeguati alle necessità.
Stando alle ultime notizie uscite da Palazzo Chigi, sembra che siano in progettazione duemila bacini di media e piccola capienza volumetrica, da predisporre nella Penisola, soprattutto al nord (logicamente, perché l'estensione territoriale è maggiore), dopo una cinquantina di anni da quando si predisposero gli ultimi. Ben vengano, perché i tempi duri non si faranno attendere molto!
Che la situazione idrica mondiale sia tutt'altro che rosea lo dimostrano i dati provenienti da Cina, India, Spagna, Messico, USA, Africa e da altri Paesi ancora, dove molti fiumi non hanno più acqua da portare al mare; che dire poi dell'impoverimento di certe raccolte d'acqua, quali il Lago Aral in Asia e il Lago Owens in California (ma sono solo due delle migliaia di casi riscontrabili sulle superfici terrestri emerse), quasi o del tutto disseccati a causa degli infelici interventi dell'uomo?
Significativo è ciò che ricorda il Report "State of the Planet 2012", in cui si dice che si sta vivendo come se ci fosse un altro Pianeta a disposizione, sfruttando il 50% di tutte le risorse che la Terra mette a disposizione, con l'amara conclusione che, di questo passo, nel 2030 il soddisfacimento delle esigenze umane necessiterebbe di almeno due pianeti!
Soltanto un impegno e uno sforzo da parte di tutti possono tenere sotto controllo questa preoccupante situazione, tanto da far restare abbastanza serena la popolazione,... sino alla prossima puntata!