La polvere del legno

Alcune semplici precauzioni possono renderla innocua

Alla fine del 2002, è entrata in vigore la normativa, che limita l'esposizione alle polveri di legno duro dei lavoratori delle segherie, delle falegnamerie e di tutti i siti dove si lavora il legno. Le polveri di legno duro sono costituite da particelle disperse nell'aria, prodotte nella lavorazione in quantità e qualità variabile secondo il tipo di lavorazione, appunto, e dell'essenza legnosa usata. Essa è stata emanata a seguito della Direttiva delle Unione Europea 1999/38/CE, recepita in Italia dal D.lgs. n. 66 del 25.02.2000, che fa riferimento al D.lgs. 626/94, con il titolo "Protezione da agenti cancerogeni e mutageni", dandone le opportune modificazioni. Quindi, dalla data del 31 dicembre 2002, le aziende che lavorano il legno devono avere adeguato sia i loro impianti sia i locali di lavoro, e messi a disposizione dei lavoratori i DPI (Dispositivi di Prevenzione Individuale) previsti dalla normativa specifica.

E tutto questo perché, a seguito di ricerche affrontate dall'IARC (International Agency for Research on Cancer), si è appurato che le polveri di legno duro sono cancerogene; è bene chiarire il fatto che le polveri sono potenzialmente cancerogene, cosa che non si può affatto dire del legno per se stesso, come si evince da quanto è riportato dall'INAIL, che ha provveduto ad eseguire approfondimenti nelle segherie. I danni alla salute sono dovuti all'ingresso e alla deposizione della polvere nelle vie aeree. Un punto molto importante è che il lavoratore può inalare polvere di legno non solo durante la segatura dello stesso, ma pure durante la piallatura, la levigatura, la carteggiatura; inoltre, può inalarla anche quando pulisce a secco con aria compressa le macchine servite per le lavorazioni e durante la loro manutenzione, se c'è la presenza di polvere depositata. Da tenere presente che la polvere solitamente si deposita su tutte le superfici dei locali, specialmente nelle zone meno frequentate, transitate e pulite. E' qui che, in genere, si sollevano considerevoli quantità di polvere, per cui i lavoratori possono esservi esposti in maniera rilevante, e ciò anche se la loro presenza nel sito è occasionale e per un tempo ridotto. Dopo la segagione, la fase della lavorazione più pericolosa per l'inalazione di polveri e quella dedicata alla carteggiatura.
Quindi, come in tutte le lavorazioni che comportano la formazione di polveri, qui, oltre all'aspetto infortunistico, bisogna valutare il rischio per l'insorgere di malattie professionali, quali possono essere neoplasie delle fosse nasali e dei seni paranasali, a causa dell'inalazione di polveri che risultano dalla lavorazione di legni duri, cioè di quelli considerati più sotto. Si ritiene che il tumore naso sinusale (adenocarcinoma, in particolare) sia da attribuire proprio alla polvere di legno.

Nella Conferenza delle Regioni del dicembre 2002, si è riconosciuta la validità di quanto affermato, per cui si è deciso, attraverso un documento redatto di comune accordo, che si deve procedere a effettuare i dovuti controlli.
L'unico dubbio che si ha in merito ai contenuti sta nell'elencazione delle essenze vegetali ritenute di legno duro redatta dall'IARC, in quanto, per esempio, anche il pioppo, che notoriamente è un legno tenero, è incluso; praticamente il termine di "hard wood", la cui traduzione letterale suona proprio "legno duro", significa l'appartenenza agli alberi delle Angiosperme e non di più.

Comunque, sia ben chiaro che, se si fa riferimento agli impieghi che si fanno del legno in campo artigianale e industriale, si sa che in genere si tratta di legni duri, quali noce, faggio, rovere, mogano, ciliegio, palissandro, ebano, ecc.; dall'elencazione sono esclusi i legni notoriamente teneri, quali abete, larice, pino, pioppo, betulla, ecc. che, per certe realizzazioni, tuttavia, possono essere ritenuti insostituibili. Non è ozioso soffermarsi un momento per ricordare che, facendo riferimento alla potenzialità allergogena di certi legni, esponendosi al contatto con le polveri di legni duri, si può rischiare di incappare in alcune patologie che non sono polmonari, quali, ad esempio, la bronchite cronica, l'asma bronchiale, irritazione nasale e oculare ed altre ancora, ma che comunque sono dannose per la salute di chi le respira.

Fra i legni duri compaiono anche essenze esotiche, come ricordato più sopra, di utilizzazione meno diffusa, e anche i legni compensati, i truciolati, che possono essere ritenuti teneri, ma solo se il produttore dichiara, sotto la propria responsabilità, che quelli sono realizzati con legni non appartenenti all'elencazione dell'IARC.
Una volta che si sia appurato che i legni in lavorazione sono fra quelli "duri", è obbligo da parte dell'azienda provvedere a far sì che gli operatori siano adeguatamente protetti dall'esposizione delle loro polveri; cioè, si deve ridurre la polverosità entro i limiti previsti dal D.lgs. n. 66/2000, emanato come modificazione applicativa dell'art. 62 del D.lgs. 626/94, che riguarda questi specifici problemi e che sono di 5 mg/mc nell'arco delle otto ore di lavoro. E' un valore di non difficile acquisizione, essendo stato ampiamente dimostrato che, in condizioni ambientali e di aerazione adeguate, si può spuntare il valore di 1 mg/mc e anche meno.

Alla luce delle nuova normativa, il Datore di Lavoro (DDL) deve pure fare un adeguamento della documentazione di valutazione dei rischi (del resto già prevista dal D.lgs. 626/94), soprattutto in merito alla cancerogenicità della polvere, attestando, sotto la propria responsabilità, che sono state messe in atto tutte le misure e adeguati tutti i dispositivi, ai fini del contenimento della polverosità al di sotto del limite previsto di 5 mg/mc. Tale documento deve contenere esposta l'organizzazione del lavoro, da cui si devono desumere le quantità e i tipi di legno duro messi in opera, oltre che il numero dei lavoratori esposti e la durata dell'esposizione, qualora sia quantificata, ed eventualmente il suo grado.

La presenza dei lavoratori esposti deve essere limitata al minimo indispensabile, non solo, ma si devono tenere separati i diversi settori di lavorazione, in modo da evitare la presenza nel locale con la polvere di coloro che stanno facendo altre operazioni. In più, per diminuire il numero dei lavoratori esposti, si può ricorrere - ove possibile - ad apparecchiature automatiche. L'eliminazione delle polveri deve essere valida, con l'installazione di impianti di aspirazione senza ricircolo. La pulizia dei locali deve essere frequente e fatta a fondo, e gli scarti di lavorazione devono essere totalmente raccolti ed eliminati.
Nel caso in cui l'organizzazione di sorveglianza, malgrado tutti i tentativi da parte dell'azienda di rendere la polverosità non nociva, si renda conto che tale fine non sia assolutamente perseguibile, si può addirittura giungere alla conclusione di chiudere l'attività.

Fra le altre cose, il DDL deve fornire alle maestranze adeguati DPI, che devono essere riposti in armadietti personali a doppio scomparto, in modo che non ci sia la possibilità di contatto con abiti civili. Gli indumenti protettivi devono essere liberati dalla polvere mediante metodi di aspirazione e mai di soffiatura ad aria compressa. Naturalmente, gli operatori devono essere adeguatamente informati sulla pericolosità dei materiali con cui quotidianamente sono a contatto e formati sui modi di utilizzare i mezzi di difesa messi a loro disposizione e su come operare, per essere esposti alla minore quantità possibile di polvere. La cadenza dei corsi di informazione e formazione non devono essere superiori ai cinque anni mentre per le nuove assunzioni, i corsi devono essere tenuti immediatamente. Per controllare la situazione dal punto di vista sanitario, soprattutto in merito alle patologie maggiormente riscontrabili (neoplasie delle cavità nasali), deve essere approntato un registro riportante i nominativi degli operatori esposti e i tempi e le modalità di esposizione, oltre che della natura delle essenze legnosa utilizzate. Tutto questo è compito del DDL e del medico competente.

In conclusione, anche le polveri di legno duro sono dannose alla salute umana, così come, del resto, tante altre sostanze che operatori manipolano ogni giorno oppure con le quali sono a contatto, ma, applicando le giuste precauzioni, i pericoli possono essere contenuti entro limiti ragionevoli, tanto da renderle pressoché innocue.