Aggregati riciclati per le costruzioni stradali

L’opportunità dell’impiego di aggregati riciclati nella costruzione di strade: sostenibilità tecnica e ambientale

L'Europa in generale, e il nostro Paese in particolare, dipendono in maniera significativa da materie prime di importazione. L'attuale modello di sfruttamento lineare dell'ambiente implica nel medio-lungo periodo dei rischi di depauperamento delle risorse naturali impiegate nei processi di produzione e consumo, e la scarsità di materie prime determina nel breve periodo un rischio di approvvigionamento e di equità dei costi di mercato.
È vero che a questo computo sembrano potersi sottrarre proprio i materiali inerti da costruzione, di cui il nostro Paese risulta ancora sufficientemente ricco. Tuttavia le tematiche ambientali e sociali connesse all'uso sostenibile delle risorse, al consumo di suolo e alla riduzione della produzione e smaltimento dei rifiuti, fa sì che anche il settore edile e delle costruzioni civili debba ripensarsi integralmente in una prospettiva di circolarità.
In diversi Paesi europei, ormai da anni, si sta riducendo la quantità di materiali naturali estratti, con una forte spinta al riutilizzo di rifiuti inerti. Legambiente, nel "Rapporto cave 2017"1, analizzandone i risvolti economici ed ambientali, pone l'attenzione sulla riduzione dell'attività estrattiva in cava di materiali inerti, puntando su riciclo e riutilizzo dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D). Secondo Legambiente, infatti, intorno alle attività estrattive si giocherà nei prossimi anni una sfida di innovazione di grande interesse per il nostro Paese: occorre allargare la quota di mercato degli aggregati riciclati che presentano ormai le stesse prestazioni degli aggregati naturali per i diversi impieghi nel settore delle costruzioni edili e stradali.
L'elevata variabilità da Stato a Stato nell'utilizzo di aggregati riciclati è da mettere in relazione alle politiche relative alla gestione dei rifiuti, quali ad esempio le tassazioni per il conferimento in discarica, e alle restrizioni all'estrazione delle materie prime. Numerosi Paesi europei hanno introdotto tasse sugli aggregati naturali con l'obiettivo di preservare l'ambiente e di incoraggiare la sostituzione dell'uso di aggregati naturali con aggregati riciclati.
Gli ultimi dati sul flusso dei rifiuti C&D in Unione Europea2 informano che la produzione complessiva è superiore a 470 Mt/a, di cui circa 180 Mt/a derivano da costruzione e demolizione di fabbricati e oltre 350 Mt/a da costruzioni stradali e escavazioni. Ne deriva una produzione di rifiuti C&D a livello europeo di oltre 480 kg/ab/anno.
È sempre più stringente l'urgenza di gestire in maniera alternativa ed efficiente i rifiuti inerti, con evidenti vantaggi ambientali ed economici. I benefici totali derivano dall'implementazione di corrette pratiche di gestione dei rifiuti da C&D, come ad esempio il risparmio nei costi di smaltimento, di trasporto, di acquisto dei materiali e il profitto derivante dalla vendita delle materie secondarie.
Il rifiuto deve essere considerato come un vero e proprio prodotto, nella sua integrità, partendo dalla fornitura, passando per la lavorazione e il trattamento, fino alla sua commercializzazione presso i clienti o, in caso di impossibilità di attuazione delle migliori pratiche, al suo smaltimento.
Il riciclo risulta essere la strategia di gestione più praticabile e preferibile con un'effettiva valorizzare delle materie prime secondarie che comporta: la riduzione di domanda di nuove risorse; l'abbattimento dei costi di trasporto e dell'energia; lo sfruttamento di rifiuti che alternativamente sarebbero conferiti in discarica per lo smaltimento; il preservare aree di territorio per futuri sviluppi urbani; il miglioramento delle condizioni generali dell'ambiente.
Attraverso l'introduzione del riciclo, i rifiuti possono, in seguito a trattamenti e al soddisfacimento di precisi criteri di qualità, cessare di essere tali e tornare ad essere dei prodotti nuovamente utilizzabili e assorbibili dal mercato.

Quadro normativo nazionale e internazionale
La Commissione Europea, con la comunicazione ‘Verso un'economia circolare', approvata dal Parlamento Europeo il 18 aprile 2018, ha adottato un nuovo, ambizioso pacchetto di misure per aiutare le imprese e i consumatori europei a compiere la transizione verso un'economia più solida, in cui le risorse siano utilizzate in modo sostenibile. Le azioni proposte contribuiranno a "chiudere il cerchio" del ciclo di vita dei prodotti, incrementando il riciclaggio e il riutilizzo e arrecando vantaggi sia all'ambiente che all'economia. I piani mirano a fare il massimo uso di tutte le materie prime, i prodotti e i rifiuti e a ricavarne il massimo valore, favorendo i risparmi energetici e riducendo le emissioni di gas a effetto serra.
Le proposte della Commissione riguardano l'intero ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie.
Fra gli indirizzi di policy generale, che, anche in relazione a differenti ambiti industriali, riguardano ad esempio il tema dell'estensione della vita utile dei prodotti o la dematerializzazione, ovvero la riduzione della quantità di materie necessarie a fornire un determinato prodotto, così come la riduzione del consumo di energia e di materie prime nelle fasi di produzione e di uso, mira anche alla creazione di mercati delle materie prime secondarie mediante normativa e regolamenti sugli appalti pubblici e a favorire la simbiosi industriale facilitando l'interconnessione fra attività e la costituzione di piattaforme di condivisione per evitare che i sottoprodotti diventino rifiuti.
A livello nazionale, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), congiuntamente con il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), a fine 2017 pubblica il documento "Verso un modello di economia circolare per l'Italia", con l'obiettivo di fornire un inquadramento generale dell'economia circolare, nonché di definire il posizionamento strategico del nostro Paese sul tema. Già precedentemente, con la Legge n. 221 del 28 dicembre 2015, il cosiddetto "Collegato Ambientale", e l'emanazione di alcuni provvedimenti normativi, il governo italiano aveva posto in essere alcune azioni volte a promuovere l'economia circolare fra cui punteggi premianti per l'affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione degli edifici e per la gestione dei cantieri della pubblica amministrazione (DM 24 maggio 2016, Incremento progressivo dell'applicazione dei criteri minimi ambientali negli appalti pubblici).
Sempre nel documento del MATTM, si ribadisce la forte determinazione a promuovere l'ecodesign, in tutti gli ambiti produttivi, e a sostenere la ricerca e la promozione delle tecnologie volte al recupero, riciclaggio e trattamento dei rifiuti, e si ribadisce l'importanza del tema dell'industria 4.0: la digitalizzazione e la gestione più efficiente dell'intero sistema produttivo possono contribuire a ottimizzare il consumo di risorse, riducendo gli sprechi energetici e gli scarti generati nel processo di produzione, e a promuovere la progettazione e la gestione di filiere integrate di produzione e de-produzione, rendendo possibile la simbiosi industriale.

Green Public Procurement e Criteri Ambientali Minimi
Come è noto, la Pubblica Amministrazione è il maggiore consumatore di beni e servizi e la spesa connessa rappresenta in Italia il 16% del PIL.
Il potere di acquisto della Pubblica Amministrazione, veicolato su prodotti a ridotto impatto ambientale, rappresenta uno strumento strategico per spingere le imprese a produrre materie prime e beni con migliori prestazioni ambientali. L'acquisto pubblico può e deve essere fatto anche in base alla valutazione degli effetti sull'ambiente durante tutte le fasi del ciclo di vita: dalla produzione, alla fase d'uso, sino al fine vita. In quest'ambito la Pubblica Amministrazione può svolgere il ruolo fondamentale di esempio per tutti i consumatori, indirizzando le imprese verso produzioni più sostenibili per l'ambiente e ottenere così il miglioramento della qualità ambientale dei prodotti.
Il Green Public Procurement (GPP)3 è ufficialmente definito dalla Commissione Europea come "l'approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull'ambiente lungo l'intero ciclo di vita".
Il fulcro del GPP consiste dunque nell'integrare nelle procedure d'acquisto pubbliche, che tradizionalmente vengono attuate tramite gare d'appalto (per tale motivo si parla, anche di appalti verdi), una serie di criteri, richieste e specifiche tecniche che tengano conto non solo del valore economico dei beni e servizi acquistati, ma anche del relativo costo ambientale. Legambiente, nel già citato documento "Rapporto cave 2017" chiede di prevedere che nei bandi di gara di appalto a parità di altre condizioni debba preferirsi l'offerta che proponga la più alta percentuale di impiego dei materiali riciclati. Il prodotto scelto deve garantire non solo il miglior prezzo, ma anche la migliore performance ambientale.
Si noti, in proposito, che l'approccio Life Cycle Assessment, analisi del ciclo di vita o LCA, risulta perfettamente coerente con le finalità del GPP ed è funzionale all'individuazione e selezione dei prodotti e servizi con le più elevate performance ambientali; infatti garantisce che i prodotti individuati siano realmente eco-efficienti, lungo tutto il loro ciclo di vita, senza spostare eventuali impatti ambientali da una fase produttiva all'altra.
L'Italia, tramite il Decreto Interministeriale 135 dell'11 aprile 2008, ha approvato il "Piano d'Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione PAN GPP". L'obiettivo è di massimizzare la diffusione del GPP presso gli enti pubblici in modo da favorire le condizioni necessarie affinché possa sfruttare al massimo le sue potenzialità in termini di miglioramento ambientale, economico ed industriale. Il PAN GPP prevede che il Ministero dell'Ambiente definisca i "Criteri Ambientali Minimi" (CAM), redatti partendo dallo schema di criteri proposti dalla Commissione europea nel toolkit europeo4, che rappresentano il punto di riferimento a livello nazionale in materia di acquisti pubblici verdi e che potranno essere utilizzati dalle stazioni appaltanti in sede di gara adottando valutazioni mirate a massimizzare i benefici ambientali. I CAM, come è noto, riportano indicazioni generali volte ad indirizzare l'ente verso una razionalizzazione dei consumi e degli acquisti e forniscono delle "considerazioni ambientali" propriamente dette, collegate alle diverse fasi delle procedure di gara (oggetto dell'appalto, specifiche tecniche, caratteristiche tecniche premianti collegati alla modalità di aggiudicazione all'offerta economicamente più vantaggiosa, condizioni di esecuzione dell'appalto) volte a qualificare dal punto di vista ambientale sia le forniture che gli affidamenti lungo l'intero ciclo di vita del servizio/prodotto. Sono in corso di definizione i CAM relativi alla categoria Costruzione e manutenzione delle strade.

Il presente articolo è stato pubblicato a pag. 29 del n. 5/2018 di Recycling...continua a leggere